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Accusato per il colore della pelle: scende per buttare la spazzatura e viene scambiato per ladro

Il racconto della disavventura del giovane di Serramazzoni, la denuncia e il messaggio di speranza sui social

Pochi giorni fa un gesto di quotidiana normalità si è trasformato in una ingiusta condanna per Zakaria Jarmouni, ventitreenne di Serramazzoni originario di Mohammedia e attualmente residente a Torino dove frequenta l’Università Magistrale.

Il giovane usciva dal suo appartamento in affitto per buttare la spazzatura quando una vicina di casa gli si avvicina e gli intima di andarsene, lo fotografa e chiama la polizia. Convinta che Zakaria fosse un ladro. 

A raccontare la disavventura è lo stesso Zakaria attraverso un lungo e liberatorio post sui suoi canali social dove, oltre il racconto di quanto accaduto, denuncia la frustrazione e l’amarezza dell’ingiusta accusa.

"Cara Italia, non sono un ladro. Ti scrivo amareggiato, per dirti che sono stanco di tutto questo. Qualche giorno fa stavo uscendo di casa, in pigiama, con tre sacchetti della spazzatura in una mano ed un paio di chiavi nell’altra, diretto verso i bidoni dell’immondizia nel cortile interno del mio palazzo. Mentre rigiro le chiavi in mano, una signora mi si avvicina da dietro con fare accusatorio. “Chi sei tu? Cosa pensi di fare? Non puoi stare qui, vattene o chiamo la polizia.” Tira fuori il telefono, iniziando a fotografarmi. Mostro alla signora le chiavi, interdetto, informandola che sto solo cercando di andare a buttare la spazzatura".

Ma la signora, imperterrita, continua a fotografarlo. E gli urla: “Se provi ad entrare chiamo la polizia, sei un ladro.”

Zakaria prova a farle capire la semplice verità: “Signora, sono in pigiama, ho le chiavi, ho tre sacchetti della spazzatura in mano, che problema ha? Non sono un ladro". 

La condomina insiste: “Hai rubato le chiavi! Chiamo la polizia! Identificati subito!”

"Infastidito dal tono della signora, rifiuto di risponderle, giro le chiavi e mi dirigo verso il cortile interno. La signora stava chiamando la polizia. Non riuscivo a credere a ciò che stava succedendo. Chiamo il mio coinquilino dal cortile, magari a lui la signora avrebbe dato ascolto. Scosso, rientro nel mio appartamento. La signora nel frattempo manda le foto al mio affittuario, il quale, la informa che sono un inquilino con regolare contratto. La signora si giustifica dicendo che quella mattina, qualcuno aveva rubato la borsa alla figlia. Non si è mai visto un marocchino in quel quartiere, dovevo per forza aver trovato le chiavi, rintracciato il luogo dove abitava la figlia, e ora stavo provando ad entrare nel palazzo. In pigiama. Con tre sacchi della spazzatura. E le chiavi. Ovviamente".

E conclude con un forte messaggio di speranza:

L'aspetto più demenziale di questa storia sta nel fatto che ancora oggi, la signora, "si rifiuti di chiedere scusa. Ed è forse questo l’aspetto che più di tutti mi lascia amareggiato. Ma nonostante tutto questo, sono fiero. Fiero di tutti/e coloro che mi hanno subito supportato, aiutato, spalleggiato, difeso. Cara Italia, questi sono tuoi figli e tue figlie. E saranno sempre più di chi mi vuole alieno. Sono i miei fratelli, le mie sorelle. Cara Italia, l’Italia siamo noi, Insieme".

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