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Folklore modenese | La leggenda dei due cavalieri di ferro di Monfestino

La tradizione popolare modenese è ricca di di leggende e miti ambientati nei luoghi più disparati della provincia. Tra queste, lo sfortunato incontro tra uno scalpellino di Fanano e due nobili di Monfestino

Leggenda narra che un tal scalpellino di Fanano, messosi in cammino per raggiungere Monfestino e trovar da lavorare presso il Duomo in costruzione, giunto presso il castello di un gran signore, chiese di che mangiare e dormire ad un amico che prestava servizio come domestico in quella illustre dimora.

Il domestico accettò, gli promise un alloggio ma lo invitò a rimanere in disparte poichè quella sera si sarebbe tenuta al castello una gran festa di dame e signori.

Dirò al mio signore che sei mio parente. Questa notte c'è gran festa nel castello e i signori e le dame invitati sono tanti, perciò noi dormiremo soltanto quando se ne saranno andati. Tu rimani qui: io ti terrò quel poco di compagnia che potrò e ti procurerò di che mangiare, così starai più allegro...come ai bei tempi

Nella grande sala del castello, intanto, dame e cavalieri si rallegravano ai motteggi del buffone di corte, il quale, per avere troppo bevuto, faceva gesti sconci e diceva parole da far rimanere il rossore sui volti delle dame. 

Il signore del castello aveva un fratello che era stato nominato cavaliere il giorno prima ed aveva trascorso la notte in preghiera. Egli, dunque, si sentì in dovere di ammonire il fratello per una simile festa, ma il signore, non sopportandolo, lo cacciò dalla sala a pedate tra le risa di tutti. 

"Se sua signoria vuole rallegrare gli ospiti, io ho un parente allegro che mi è venuto a trovare" disse il domestico al gran signore, e lo condusse al suo cospetto. Lo scalpellino di Fanano si ritrovò dunque a dover intrattenere i nobili ospiti: si ingegnò di combinare parole da far ridere ma con scarso successo. Il signore, già contrariato, si inquietò e, brandita una frusta, gli si avventò contro: 

"Conducetelo nel sotterraneo così imparerà a non essere tanto rozzo e villano fra gente nobile come siamo noi"

I servi lo trascinarono nel sotterraneo buio dove egli urlò, si smaniò, maledisse la sorte e non riuscendo chiudere occhio si trovò a pensare a storie paurose. Gli pareva di sentire odore di strino, scorgeva luci improvvise, si sentì tirare le mani e nel buio gli sembrò di vedere un drago che gettava fuoco e fumo dalla grande bocca aperta. Ebbe addirittura una visione: un drago avanzava verso di lui. Sentì che perdeva le forze e solo allora pensò alla Madonna dorata che aveva invocato prima di mettersi in cammino. Il sotterraneo fu come illuminato, egli si quietò e potè anche dormire. Giunta l'alba, il povero scalpellino di Fanano fu liberato e questi corse via pensando in cuor suo di vendicarsi dei due fratelli, signori del castello.

Prima del calare del sole era già in vista della città. La nuova chiesa , nella piazza ingombra di pietre e di lastroni di marmo sembrava un troncone di corpo umano. Il massaro della fabbrica della chiesa, al quale lo scalpellino si presentò, udito che egli era di Fanano, dondolò il capo, lo squadrò e poi disse: 

Avrai alloggio e spese se scolpirai con la tua fantasia le sottobasi per le colonne del pontile. Se dimostrerai ingegno avrai pane e lavoro per molto tempo

Il fananese si accinse di buona lena al lavoro assegnatoli, lo portò a termine e fu verificato dal massaro. L'uomo lo trovò di buona fattura ma provò grande meraviglia vedendo scolpite nelle sottobasi, stesi supini sotto i leoni, due cavalieri vestiti di ferro, fra un montone e un orribile drago. 

Nella festa che si tenne in seguito, per l'inaugurazione, la grande Matilde del nostro medioevo intervenne con molti conti e baroni e cavalieri, che condotti dai Priori ammirarono le nuove opere eseguite dagli scolpitori. I due fratelli signori di Monfestino si riconobbero nei cavalieri scolpiti fra le zampe dei leoni del pontile dell'altare maggiore e minacciarono scandalo e rappresaglia se non avessero dato loro nelle mani il manigoldo che aveva osato tanto. Si cercò in lungo in largo ma il fananese era scomparso: quella inerme vendetta gli era bastata.

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