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A Campogalliano le Mutina Pink Dragons vincono il cancro a colpi di pagaia

In Emilia Romagna Modena è stata la prima città a creare una squadra di dragon ladies, movimento internazionale che vede le donne operate al seno pagaiare insieme all'interno di un'imbarcazione dalla testa e coda di drago, la Dragon Boat

A Palermo si chiamano "le aquile", a Venezia portano il nome di "leonesse", a Modena sono le Mutina Pink Dragons, le dragonesse rosa, e solcano le acque dei Laghi Curiel di Campogalliano a bordo del Dragon Boat, un'imbarcazione con testa e coda di drago che ospita venti persone. O, meglio dire, venti donne. Le Mutina Pink Dragons sono infatti un team, un gruppo di donne che nella vita hanno dovuto affrontare una malattia - quella del tumore al seno - che in media in Italia colpisce 1 donna su 8, oltre ad interventi chirurgici e invalidità permanenti o non che il cancro porta con sè. Pagaiano insieme anche le supporters, donne con storici sanitari differenti con le quali formano una comunità, un gruppo di auto-aiuto nel quale difficoltà e problematiche dovute alla malattia sono affrontate con leggerezza e, soprattutto, divertendosi.

In Emilia Romagna Modena è stata la prima città a creare una squadra di dragon ladies, nel 2017, seguite di recente da Ferrara. A dare l'avvio al progetto fu nel 2017 Caterina De Carolis, presidente dell'associazione Canottieri Mutina, grazie ad un prezioso incontro.

"A Roma ho conosciuto una donna che aveva un ciondolo simile a questo che porto al collo [a forma di delfino] e parlando mi ha detto di essere una dragon lady" - racconta Caterina De Carolis - "Non conoscevo il termine e mi sono fatta spiegare tutto. La donna si chiama Maria Grazia Ponzo e mi ha dato gli input necessari per partire. L'ostacolo maggiore era economico, comprare il Dragon Boat, così mi consigliò di partecipare al bando della 'Susan Komen', l'associazione che organizza corse in tutta Italia e nel mondo per raccogliere fondi da dedicare a progetti per le donne operate al seno".

Caterina partecipa al bando per due anni consecutivi e ottiene un finanziamento per munirsi dell'indispensabile: il Dragon Boat, che rappresenta la spesa maggiore, pagaie, salvagenti e pedane per allunagre il pontile pre-esistente. Poi, attraverso una campagna informativa, presenta e porta il suo progetto in giro per Modena, nelle aule del Policlinico e dell'associazione "Il Cesto di Ciliegie". Incontra i medici di base modenesi, organizza svariati open day sino a che il 1° Aprile del 2017 il progetto "In the Pink" decolla (o prende il largo) e ai Laghi Curiel viene varato il Dragon Boat con la prima squadra delle Mutina Pink Dragons.

"Ho pensato donna per donna, ho creduto che come donna era quasi doveroso farlo. Inoltre, quì a Campogalliano abbiamo una zona ideale per questo tipo di discilplina, che in altri luoghi manca. Acqua ferma, acqua pulita, non ci sono battelli o mezzi a motore. C'è spazio... è proprio perfetta"

E' un locus amoenus, la sede di Canottieri Mutina. Un luogo avvolto dal verde della vegetazione e dall'azzurro che si specchia nei laghi antistanti, ex cave di ghiaia riempite successivamente con acqua sorgiva. Qui c'è il pontile, l'ingresso del lago e la rete di cavi che per tutto l'anno traccia i 500 mt di percorso della disciplina Dragon Boat. Più in là vi è una panchina dipinta di rosso in memoria delle donne vittime di violenza e, vicino alla staccionata in legno, un glicine e un rametto di rose ricordano Roberta, compagna di squadra deceduta questo febbraio.

"Con Roberta due ragazze della squadra sono andate in ferie insieme, a Lampedusa, il suo luogo magico. Hanno preso la barca, hanno pescato, ballato, visitato, hanno fatto tantissime cose. Purtroppo ci ha lasciate questo febbraio. Queste donne si aiutano molto tra loro, ci aiutiamo molto. Chi è in difficoltà viene aiutato. Più di quanto potessi immaginare questo gruppo è diventato un gruppo di auto-aiuto".

E non lo immaginava neanche il dr. McKenzie, fisiatra canadese che per primo - nel 1996 - propose la disciplina del Dragon Boat come cura riabilitativa dal linfedema, un accumulo di liquido linfatico che causa il rigonfiamento degli arti superiori delle donne operate al seno. Braccia gonfie che i medici di allora consigliavano di non sottoporre a sforzi. Il dr. McKenzie, invece, riuscì a provare scientificamente il contrario invitando un gruppo di donne con linfedema a pagaiare insieme su quella precisa imbarcazione.

"Il dr. McKenzie non sapeva che questo approccio utile a smentire una teoria di allora avrebbe creato un movimento internazionale. Queste donne non hanno più smesso di andare in Dragon Boat, anzi, hanno reclutato altre donne e la disciplina si è diffusa a macchia d'olio prima in tutta l'area anglofona e poi in tanti altri paesi, anche in Europa".

"E' stata una grande scoperta" - racconta Letizia, membro delle Mutina Pink Dragons - "perchè per chi si ammala giovane non ci sono tante attività, spesso ci sono associazioni che si occupano di persone di altre età. A livello di salute da quando pratico Dragon Boat è migliorato molto l'umore, a livello fisico ho un problema di linfedema, il tumore mi ha lasciato un'invalidità permanente ad un braccio ed è migliorato molto. Il fatto poi di trovarsi con donne che hanno avuto la stessa esperienza o che ne hanno avuto altre è importante, ognuno porta il suo pezzo".

Silvia, invece, ci dice: "Io mi sono ammalata 4 anni fa, ho scoperto le Mutina Pink Dragond ad un convegno organizzato da Caterina e mi ha affascinato subito, nonostante sia partita un po' a rilento, con fatica. Uscire di casa dopo la malattia è stato impegnativo e devo dire che un aiuto notevole me lo hanno dato i progetti che portano avanti le associazioni che si occupano di malati di tumore come l'Angela Serra e Il Cesto di Ciliegie, perchè sono delle realtà protette nelle quali ti senti di andare quando ti senti fragile. Sono state imprtanti però ad un certo punto ti stanno stretto perchè ti senti un soggetto fragile e inevece secondo me il punto di forza di questo progetto è che è un gruppo misto, un gruppo con una leggerezza importante. Che non vuol dire non capire quali sono le problematiche delle persone operate al seno ma semplicemente affrontare tante cose con leggerezza divertendosi. E' un bel gruppo, mi sono innamorata di loro. Il sostegno c'è, è notevole. I benefici a livello fisico ma anche un livello di condivisione veramente bello".

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