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La Modena nascosta | Ma a cosa serve (o serviva) la Preda Ringadora?

E' un monumento di Modena assai particolare, sia di fattezze che d’ubicazione, e non capita di rado che attragga turisti, passanti ma anche gente del luogo, catturando attenzione e curiosità sulle sue origini e funzioni

Nel cuore del centro storico di Modena, sotto l’ombra della slanciata Ghirlandeina e del palazzo comunale, vi è, sottratto alla vista, un grande blocco di marmo veronese. E’ la Preda Ringadora, monumento caro ai modenesi la cui presenza in città risale al Secolo XIII.

E' un monumento assai particolare, sia di fattezze che d’ubicazione, e non capita di rado che attragga turisti, passanti ma anche gente del luogo, catturando attenzione e curiosità sulle sue origini e funzioni: simile ad un comune tavolo da cucina ( eccetto per il materiale di costruzione) o ad un altare, era forse utilizzato come tavola da imbandire con le più ghiotte pietanze della tradizione modenese? Per le funzioni religiose? O era forse luogo di incontro, di chiacchiere, cedrate e briscola tra amici?

La Preda Ringadora: un monumento intriso di storia sociale

Dal dialetto modenese,“Preda Ringadora” significa “pietra arringatoria” e sta ad indicare dunque un luogo predisposto a podio o palco in occasione di assemblee popolane e, in particolar modo, delle arringhe pronunciate dall’alto della sua lastra di marmo da oratori. Probabilmente trasportata in città in epoca romana, la pietra arringatoria venne riportata alla luce durante i lavori di costruzione del Duomo e posizionata in Piazza Grande solamente nel 900, tra le due guerre mondiali.

Secondo alcuni storici locali, la pietra veniva utilizzata in diverse situazioni a seconda del periodo storico e del contesto sociale: come palco per le assemblee popolane, per oratori o importanti esponenti cittadini che si rivolgevano al popolo in occasione di proclami ed editti. Per “arringare”, per l’appunto. Altre fonti, invece, sostengono la tesi secondo la quale la pedra ringadora fosse una sorta di gogna, di vetrina o luogo d’esposizione di cadaveri da identificare ma anche per spettacolarizzare punizioni corporali di ladri e malfattori colpevoli di piccoli reati contro la comunità. A tal proposito, d’interesse risulta la descrizione funzionale della pietra, scritta per mano di Sandro Bellei nel dizionario enciclopedico del dialetto modenese “A m’arcord”:

“Sulla pietra, gli insolventi, rapati a zero e con in testa un cappello a cono con la lettera C (che significava “cedo bonis”), venivano lasciati per tre sabati consecutivi, giorni di mercato. Erano costretti anche a fare tre giri della piazza e, ogni volta che passavano davanti alla pietra preventivamente irrorata di trementina (resina), dovevano denudarsi e fregarvi contro energicamente le terga. In tal modo i debitori venivano liberati del loro impegno”

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