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"Al cunta cmè l’acqua ed Murièl, ch’la n’fà nè bein nè mel”: origine del proverbio dialettale

In una Modena settecentesca solcata da ampi canali viveva il Dottor Moreali, celebre per aver scoperto in quel di Modena la cosiddetta acqua subamara

Al cunta cmè l’acqua ed Murièl, ch’la n’fà nè bein nè mel” - se siete originari di Modena vi sarà forse capitato di sentire questa insolita espressione dialettale, un antico proverbio il cui significato affonda le sue radici in una Modena settecentesca  dalle vicissitudini di un cittadino in particolare: il Dottor Giambattista Moreali.

Letteralmente, il proverbio recita le seguenti parole: “ [esso] conta come l’acqua di Moreali, non fa nè bene nè male\ è inutile”. Ma cosa si intende con “l’acqua di Moreali”? E per quale motivo era considerata inutile dai modenesi dell’epoca?

L’acqua subamara del Dottor Giambattista Moreali, un’acqua dalle “strabilianti” proprietà benefiche

Nel 1750 un dottore originario di Sassuolo, Giambattista Moreali, scoprì in un’antica Modena solcata da ampi canali, precisamente nei dintorni dei borghi di S. Faustino, una sorgente la cui acqua, ricca di comuni sali minerali, presentava un particolare colore ramato. Entusiasta, ne prelevò un campione e, dopo vari e dovuti accertamenti e analisi, decise di commercializzarla sotto il nome di “acqua subamara di Modena”.

Secondo il Dottor Moreali, infatti, l’acqua da lui scoperta godeva di prodigiose proprietà benefiche, minuziosamente illustrate e descritte in una pubblicazione da lui redatta nel 1766 (documento disponibile a questo link) dal titolo “Modo di usare l’acqua subamara, ed il sale catartico amaro di Modena scoperta nell’Anno 1750 dal Dottore Giambattista Moreali”.

Al suo interno erano appuntate le tipologie di malanni che potevano essere curati ed alleviati dall’acqua subamara, come dolori di ventre e di stomaco, convulsioni ed emorroidi, gli importanti effetti antinfiammatori e purganti, ma anche dosaggi, avvertenze e modalità di trasporto. Quest’ultimo, ad esempio, era consentito attraverso fiaschi di vetro, mentre da evitare erano le botti di legno poichè la componente di sale presente nell’acqua subamara avrebbe potuto “cavare una tal tintura dalle parti solubili del legno, possente a indurre cotal fermentazione nell’acqua, che giugne a renderla fetente”.

E in effetti, oltre all’acqua subamara, il Dottor Moreali mise in commercio il cosiddetto sale catartico amaro di Modena, ovvero il sale ottenuto dall’evaporazione dell’omonima acqua, efficace - secondo le analisi del dottore - contro diarrea, gonorrea e dolori del basso ventre. Anche in questo caso, dettagliate erano dosi ed indicazioni d’utilizzo: “Per un purgante la dose sarà dalle 8. alle 10. Dramme disciolto in 4. o 6. oncie d’acqua bollente, da berli di poi, che sarà raffreddata”.

Acqua subamara: cura efficace o bizzarria? Epilogo della faccenda e origine del proverbio dialettale

L’acqua subamara del Dottor Moreali non fu apprezzata dai modenesi. Anzi, accortisi delle totali inutilità ed inefficacia dei suoi presunti benefici medici, fu prontamente coniata e tramandata di generazione in generazione l’espressione dialettale “al cunta cmè l’acqua ed Murièl, ch’la n’fà nè bein nè mel” utilizzata per indicare un oggetto od un’azione inutile.

Oggigiorno, a testimoniare la strana vicenda dell’acqua subamara e del dottore che l’aveva scovata, rimane solamente una colonna di marmo posta in Via Giardini, che porta iscritte queste parole: “ Questa colonna, che ricorda il luogo dove il dr. G. B. Moreali trovò l’acqua subamara fu posta nel 1750 all’incrocio fra via Scaglia, ora soppressa, con via Giardini. Fu posta in questo luogo, 100 metri a sud del sito originario, nel Settembre del 1977”.

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