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Riccò è pronto sulla linea di partenza, la FCI gli fora le ruote

La vicenda di Riccardo Riccò non smette mai di stupire, tra ordini e contrordini arrivano da Londra dichiarazioni inquietanti. L'ex compagno David Millar:"Era il più sospetto di qualsiasi corridore che avessi incontrato"

Come previsto, il ritorno di Riccardo Riccò sul panorama ciclistico, ha generato scompiglio tra appassionati, colleghi e istituzioni. Il corridore formiginese è stato registrato dall’Unione Ciclistica Internazionale che, in attesa degli sviluppi delle indagini in corso nel nostro paese, seguirà con attenzione l’evolversi della situazione al fine di essere pronta ad adottare le misure pertinenti, se dovesse rivelarsi necessario.

La decisione dell’UCI non meraviglia; dal punto di vista legale tale istituto è coinvolto solo dall’ultimo passaggio, quello prettamente amministrativo, mentre le responsabilità rimangono in capo alla Federazione Nazionale che nel caso specifico è la Federazione croata, essendo il team Meridiana-Kamen una formazione Continental di chiara matrice italiana ma con licenza, appunto, croata.

Riccò sarebbe dunque stato pronto e avrebbe avuto tutte le carte in regola per poter debuttare con la nuova maglia al Giro di Serbia ma la Federazione Ciclistica Italiana, presieduta da Luigi Simonetto, ha nelle utlime ore emanato un comunicato in cui dichiara la sospensione dell’atleta dall’attività agonistica “per motivi inerenti alla tutela della salute dell’atleta stesso”.

Nel frattempo, tanto per condire e complicare ancora di più la vicenda, neanche a farlo apposta, il corridore della Garmin-Cervélo, David Millar, ha presentato a Londra la sua autobiografia "Racing through the Dark, the fall and rise of David Millar" ("correndo nell'oscurità, la caduta e la rinascita di David Millar") dalla quale emergono rivelazioni scottanti.

Lo scozzese della Garmin, parlando del suo ex compagno modenese nella Saunier Duval, scrive:“Riccò era famoso nel gruppo perché ai controlli del sangue sfiorava sempre la soglia di 50 di ematocrito. Era il più sospetto di qualsiasi corridore che avessi incontrato ed osservava me, il ciclista pentito, nella totale incomprensione. Quando cercavo di parlargli, era come dialogare con il muro. Sebbene avesse solo 22 anni, aveva una totale dimestichezza con gli aghi. Prima della grandi corse, si sedeva nel bus della squadra e s'iniettava le sostanze".

Ancora una volta Riccò dovrà rimandare il suo ritorno alle corse, sempre che nel frattempo non gli venga imposto di dare invece un addio definitivo al mondo del ciclismo.
 

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