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L'opinione | Ex Fonderie, ex partecipazione. Dieci anni dopo il progetto avanza nel silenzio

Nel 2008 il complesso abbandonato fu oggetto di un concorso di idee nazionale ed elemento centrale del dibattito pubblico. Oggi l'importante riqualificazione avanza senza coinvolgimento, quasi sottaciuta

C'era una volta la partecipazione. Un termine che è stato al centro del dibattito pubblico modenese per molti anni, centrale nelle campagne elettorali e nell'agone politico al pari di "sicurezza", "eccellenze" o la più quotata e attuale "rigenerazione urbana". Fu proprio in nome di una maggiore partecipazione alle scelte strategiche della città, invocata da più parti, che nel 2008 venne pensato un bando di concorso internazionale per progettare la riqualificazione di uno dei simboli del degrado post-industriale cittadino, le ex Fonderie Riunite.

Quali funzioni attribuire e come rimodellare una delle più vaste aree abbandonate in un quadrante strategico della città? Una domanda ambiziosa che per anni tenne impegnate le amministrazioni prima e gli studi di architettura poi, sfociando in una serie di proposte che videro spuntare l'idea del Dast - Distretto per l'Accelerazione e lo Sviluppo della Tecnologia, divenuta la soluzione varata dalla maggioranza per dare nuova vita al complesso industriale.

Quello schema di rigenerazione, quella nuova destinazione d'uso e quei disegni architettonici finirono però nel dimenticatoio, andando a fare compagnia ai tanti buoni propositi di intervento pubblico "vittime" della crisi globale e delle sue ripercussioni sulle finanze pubbliche e sui conti degli Enti locali.

Almeno fino a questi mesi. Come noto, infatti, la giunta Muzzarelli ha deciso di rilanciare il recupero delle ex Fonderie, candidando il primo stralcio del progetto edilizio al Bando regionale sulla Rigenerazione urbana, per una cifra pari a 3,7 milioni di euro. Non proprio un fulmine a ciel sereno, dal momento che l'intenzione del sindaco era già stata anticipata a inizio anno, a margine dell'annuale commemorazione delle vittime dell'eccidio che il 9 gennaio 1950 segnò la storia di quella fabbrica.

Una buona notizia? Sì, dal momento che qualsiasi recupero di un'area abbandonata va salutato con favore. Però, come si dice, c'è un però. Il progetto messo nero su bianco dall'Amministrazione ha subito un profondo cambiamento rispetto alle ipotesi di dieci anni fa, sia nella forma che nel contenuto, dovendosi per forza di cose adattare ad un periodo di limitate disponibilità economiche e scegliendo quindi la gradualità e l'essenzialità. Non è però la natura del progetto di rigenerazione a destare perplessità, quanto la sua stessa ultima genesi.

Se dieci anni fa si bandì addirittura un concorso internazionale, oggi si è scelto di procedere con una delibera di Giunta, silenziosa, senza alcun tipo di confronto pubblico. Nessun progetto partecipato, nessun coinvolgimento preventivo del consiglio comunale, nessun interesse da parte delle forze politiche, tanto di maggioranza quanto di opposizione. Eppure, nell'ottica di una buona governance, questa linea di coinvolgimento non dovrebbe mai venire meno. Rispolverare il progetto Dast, dieci anni dopo, è ancora una soluzione condivisa? E' ancora una strada giusta o le esigenze del tessuto modenese sono cambiate nel tempo? La responsabilità di queste risposte alberga senza ombra di dubbio nella saletta in cui il sindaco di riunisce con la sua Giunta Comunale, ma l'apertura del dibattito - quantomeno - non farebbe certo male. Non può mai fare male.

Quello che invece ha dimostrato e sta dimostrando di poter far male alla città sono i dibattiti a giochi fatti, le discussioni avviate su decisioni già prese. Un segno abbastanza evidente, ahinoi, dei tempi che cambiano e della differente sensibilità con cui la politica modenese tratta oggi il tema della partecipazione dei cittadini alle scelte cruciali per il territorio.

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