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Cronaca Finale Emilia

Si rompe il depuratore, distrutta l'oasi naturale delle "Meleghine"

Disastro ecologico a Finale Emilia, nell'oasi protetta dove l'impianto di fitodepurazione si è guastata causando la moria di 150 quintali di pesci e conseguenze per altre speci. Indignazione del M5s. Avviate le indagini dai Carabinieri

Nell'area protetta del "Le Meleghina”, nelle campagne di Finale Emilia si è consumato un piccolo grande disastro ecologico. L'area, che si estende per 35 ettari, è adibita a depurazione delle acque, con un impianto che unisce processi chimico-fisici a processi biologici sostenuti da microrganismi e vegetali. Un impianto strategico per la depurazione degli scarichi del Cavo Canalazzo, nella quale da anni si era creato un ambiente protetto e tutelato, adatto anche all'itticoltura.

Ma ieri le Guardie Ecologiche si sono trovati davanti ad uno spettacolo raccapricciante. Ben 150 quintali di pesci morti e agonizzanti, a causa di un prosciugamento di alcune zone umide, dettato, almeno in prima analisi ad un malfunzionamento delle turbine dell'impianto. Una devastazione faunistica che compromette l'intera zona finalese a “protezione speciale”.

Quanto accaduto ha fatto sì che i Carabinieri abbiano aperto un'indagine per rilevare le reali cause del disastro della Meleghina. Profonda indignazione è stata sollevata dal Movimento 5 stelle di Finale Emilia che, per voce del responsabile Carlo Valmori, ha parlato di un o dei “tanti degli sfregi al territorio, il segno evidente dell’abbandono, della irresponsabilità, dell’incapacità ad amministrare la cosa pubblica da parte dell’attuale giunta”.

Ma i grillini vanno oltre e attaccano: “Quella moria è un avvertimento, la rappresentazione dei rischi a cui tutti noi andiamo incontro se si continua a permettere che siano realizzati i progetti programmati di devastazione ambientale. Cittadini, come quei pesci, a cui manca l’ossigeno. Le Meleghine – prosegue Valmori – sono l’unica area di tutela ambientale ZPS del territorio comunale, lasciata nel totale abbandono, usata per costruirci all’interno il famoso compostaggio di Aimag, ignorata da ogni valutazione ambientale da parte della Provincia. Non nutriamo alcuna fiducia nei confronti di indagini interne, perché non ne abbiamo nei confronti di chi le dovrebbe condurre. Ormai solo la magistratura, pur con tutti i limiti di risorse a cui è soggetta, può entrare nel merito con indipendenza di giudizio. Le responsabilità stanno a monte, nell’organo amministrativo e decisionale, stanno in un modello culturale – conclude Valmori – che usa e consuma il territorio per esclusive finalità economiche, che tutto giustificano, e che non ha alcuna considerazione e rispetto per tutto ciò che è natura, ambiente, vita”.

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