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Cronaca Mirandola

Muore scaricando la carne, datori di lavoro condannati per omicidio colposo

Un 54enne era deceduto per un attacco di cuore mentre scaricava la carne macellata in un supermercato di Mirandola: una mansione che l'azienda gli aveva affidato nonostante soffrisse di patologie cardiache. Oggi la condanna del tribunale per gli amministratori dell'impresa

Era una freddissima giornata del dicembre 2013. Mustapha, marocchino di 54 anni, era sceso dal proprio camion-frigo, aveva caricato su ciascuna spalla un quarto di cavallo macellato da 50 kg l'uno e aveva consegnato la carne al reparto specializzato del supermercato Famila di Mirandola. Mentre rientrava verso il suo mezzo, però, aveva accusato una fitta al cuore e si era accasciato per terra. A nulla erano valsi i tentativi di rianimazione del personale sanitario: Mustapha era deceduto, lasciando la moglie e due figli.

Quella che poteva sembrare una tragica fatalità, ha avuto però risvolti molto gravi, emersi fin dai primi accertamenti compiuti dalla Medicina del Lavoro. Mustapha soffriva di cuore, una patologia già nota da almeno vent'anni ai medici che lo avevano avuto in cura e che avevano ordinato in tre occasioni il ricovero in ospedale. Una situazione che avrebbe dovuto riguardare da vicino anche le scelte dei datori di lavoro del 54enne, che dal 2010 era assunto a tempo indeterminato presso una ditta di trasporti reggiana, con mansioni di facchino.

Perchè ad un uomo nelle sue condizioni era indicato di trasportare 100 kg di carne dentro e fuori da un camion-frigo? E' la domanda che si è posta anche la Procura di Modena, che ha chiesco il rinvio a giudizio per i titolari dell'impresa di trasporti, con l'ipotesi di omicidio colposo. Oggi, 21 gennaio, il Tribunale di Modena ha emesso la propria sentenza a seguito del patteggiamento degli imputati.

Sotto accusa erano infatti finite madre e due figlie, amministratrici uniche e impiegate dell'azienda a conduzione famigliare, residenti nel reggiano. Il giudice ha riconosciuto il fatto che le datrici di lavoro, cioè le due figlie, non abbiano tenuto conto delle patologie cardiache di cui soffrifa il dipendente, affidandogli mansioni che non avrebbe dovuto svolgere alla luce delle condizioni fisiche accertate dai medici. Le due titolari dell'impresa (che si sono susseguite in quella posizione negli ultimi anni) sono state condannate rispettivamente ad un anno e un mese e ad 11 mesi, mentre la madre, che aveva le funzioni concrete di affidamento delle mansioni ai dipendenti, ha patteggiato un anno e sei mesi di pena. La vicenda giudiziaria si sposterà quindi in sede civile per i risarcimenti alla famiglia.

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