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Cronaca

Le imprese "cartiere" della 'ndranghteta per 77 clienti emiliani, scattano i sequestri

La malavita organizzata offriva "servizi professionali" a chi voleva frodare il fisco, attraverso imprese fantoccio su cui transitavano fatture false. Operazione con base a Reggio sulla scia di 'Perseverance'

La Guardia di Finanza e la Polizia di Stato di Reggio Emilia, su delega della D.D.A. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna, hanno eseguito 27 misure cautelari reali, per complessivi 2,5 milioni di euro. Le esecuzioni sono attualmente in corso nelle province di Reggio Emilia, Ferrara, Fermo, Forlì, Lodi, Modena, Parma, Pisa, Perugia, Torino e Verona.

In particolare, la Squadra Mobile di Reggio Emilia, coordinata dalla DDA di Bologna, nel corso dell’anno 2021 aveva tratto in arresto otto persone gravemente indiziate di associazione per delinquere di stampo mafioso e reati fine, aggravati dal metodo mafioso, tra i quali, anche, estorsione, detenzione di armi e reati finanziari collegati ad una vorticosa attività di emissione, da parte del clan 'ndranghetista attivo nel reggiano, di fatture per operazioni inesistenti quantificate in 13.441.000 euro.

Per il reato di emissione di false fatture, con l’aggravante mafiosa, il GUP del Tribunale di Bologna, con sentenza di primo grado, aveva già disposto la confisca di otto società cartiere (cioè deputate all’emissione di false fatture) ed aveva condannato, per reati fiscali aggravati dal metodo mafioso, sette soggetti; tra questi, anche due presunti appartenenti al sodalizio ‘ndranghetistico emiliano, allo stato condannati in primo grado, rispettivamente, ad anni 16 e 15 di reclusione per associazione di stampo mafioso, tentata estorsione, detenzione di armi e, appunto, emissione di fatture per operazioni inesistenti. Si tratta di Salvatore Muto e Domenico Cordua, figure emerse nell'operazione 'Perseverance', figlia a sua volta di quella 'Aemilia' che ha scoperchiato il vaso di Pandora degli affari cutresi in Emilia. Gli altri cinque soggetti sono stati condannati a pene che variano da 4 anni ad 1 anno e sei mesi per il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, aggravato dal metodo mafioso.

L’attività d’indagine, condotta dalla Squadra Mobile della Questura di Reggio Emilia, aveva fatto emergere che il clan 'ndranghetistico operante a Reggio aveva continuato, nella ipotesi di accusa, ad offrire, in via “professionale”, “servizi” di emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, per consentire alle imprese beneficiarie l’abbattimento dei propri redditi imponibili.

In relazione alla complessa attività di servizi finanziari illegali assicurati dal clan di 'Ndrangheta reggiano ad imprenditori, Squadra Mobile e Guardia di Finanza di Reggio Emilia in codelega, hanno individuato gli utilizzatori delle fatture false e sviluppato i relativi accertamenti; si è proceduto, dapprima, a verificare l’annotazione delle false fatture nelle dichiarazioni fiscali ed a quantificare l’evaso in 3.711.271 euro, e, quindi, a deferire 77 soggetti indiziati di avere utilizzato, per abbattere il proprio carico fiscale, le fatture per operazioni inesistenti emesse dalla ‘ndrangheta emiliana, proponendo il sequestro preventivo per equivalente del profitto assicurato agli utilizzatori dei servizi finanziari illegali. Per 27 indagati il GIP distrettuale ha ritenuto la sussistenza delle esigenze cautelari ed ha emesso i citati provvedimenti ablativi.

Ne corso della stessa operazione la Squadra Mobile aveva già eseguito un sequestro preventivo per equivalente, emesso dal GIP del Tribunale di Reggio Emilia, della somma di 717.214 euro a carico di due coniugi, entrambi condannati, in primo grado, ed attualmente detenuti per il reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.

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