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Cronaca Castelfranco Emilia

Prestiti finanziari con i documenti d'identità ottenuti con la truffa, incastrata una banda

Risiedono tra Castelfranco Emilia ed Afragola (NA) i componenti di una banda di cybercriminali chew si fingevano carabinieri, denunciati dopo un meticoloso lavoro del Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica della Polizia

Fingevano di essere appartenenti ad uffici investigativi dell’Arma dei Carabinieri di Parma e Torino, inviando mail-truffa ad ignari cittadini e convincendoli a fornire una copia digitale dei loro documenti di identità. Grazie a questi documenti, grazie all’invio di altre mail in cui si fingevano i cittadini in questione, venivano avviate le richieste di finanziamento dirette a società italiane del settore finanziario. 

Il denaro ottenuto confluiva su conti correnti aperti nel Regno Unito, per poi tornare in Italia su rapporti finanziari riferibili al gruppo criminale. Un danno sia per i cittadini truffati, sia per le stesse società finanziarie, che dovranno ora attendere i procedimenti giudiziari per poter sperare di recuperare il denaro.

E' quanto scoperto dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica dell’Emilia Romagna della Polizia di Stato (un tempo Polizia Postale, ndr), che ha denunciato otto persone, tutte pregiudicate di origini partenopee, residenti nella zona di Castelfranco Emilia e Afragola (NA): il gruppo criminale è ritenuto responsabile di aver ottenuto i dati anagrafici di numerosi cittadini residenti nel territorio nazionale e conseguenti prestiti illeciti.

Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Bologna e dal Servizio Polizia Postale sono iniziate nel 2020, quando l’Ufficio di Stato Civile del Comune di Bologna segnalava a questo Reparto alcune e-mail sospette apparentemente provenienti dai Comandi dell’Arma di Parma e Torino.

Gli investigatori, dopo un lungo e laborioso lavoro di analisi dei dati informatici relativi alle connessioni avvenute nei server che ospitavano le caselle di posta elettronica, sono stati in grado di individuare le utenze telefoniche reali dei cybercriminali, nonostante fossero intestate a prestanome. Gli indagati erano infatti stati abbastanza accorti nel coprire le proprie tracce, ma evidentemente non è bastato.

La collaborazione con gli istituti finanziari del Regno Unito, infine, ha permesso di analizzare i flussi di denaro canalizzati verso conti riferibili agli otto indagati. Gli esiti delle perquisizioni domiciliari, già effettuate e dirette agli  appartenenti al sodalizio criminale, hanno fornito importanti fonti di prova.

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