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Cronaca

Alluvione, tre lunghi anni di inchiesta giudiziaria senza spiragli

La comunità modenese resta ancora a secco di risposte sulle possibili responsabilità dovute alla rottura dell'argine del secchia del 2014. Nonostante esposti e azioni collettive, i Pm non hanno ancora raggiunto un punto di svolta nelle indagini

Un'indagine estremamente complessa. Da ormai tre anni la Procura della Repubblica di Modena utilizza in modo ricorrente questa espressione per connotare l'inchiesta sull'alluvione del Secchia e rimandare a data da destinarsi le risposte alle domande incalzanti dei media locali. Dopo tre anni, infatti, non si hanno notizie del fascicolo sulla rotta dell'argine di San Matteo, aperto nel 2014 e accompagnato indubbiamente da accertamenti tecnici tutt'altro che semplici e da un eventuale profilo colposo tutt'altro che immediato.

Complessità a parte, tre anni sembrano davvero tanti per ottenere le prime risposte, perfino se queste portassero ad un'archiviazione del caso stesso. Mentre i territori colpiti sono ormai tornati alla normalità – con i risarcimenti già erogati per case e (alcune) imprese – il fronte giudiziario resta dunque ancora aperto.

Certo alla Procura non sono mancate le sollecitazioni da parte del territorio. Non tanto quelle di giornalisti "curiosi", quanto piuttosto una serie di esposti presentati nel corso del tempo da associazioni, cittadini e politici.

All'esposto da parte delle associazioni ambientaliste che ipotizzavano il reato di disastro colposo, ha fatto seguito sulla stessa falsariga anche l'azione legale collettiva promossa da 500 residenti delle zone di San Matteo, Bastiglia e Bomporto. Una class action guidata dall'avvocato Massimo Jasonni che si è arenata nel modo peggiore possibile, cioè con la rinuncia all'incarico da parte del legale, in aperta polemica con le istituzioni incapaci di dare risposte.

Negli ultimi giorni si è aggiunto anche un nuovo esposto del consigliere bastigliese Antonio Spica (Civica la Bastìa), che è tornato alla carica sottoponendo a ben tre procure (Modena, Parma e Roma) alcuni elementi circa il mancato controllo degli argini nel post sisma, ma anche sulle vicende politiche intercorse fra Aipo e la Regione, con accese polemiche che seguirono il disastro del 2014.

Ipotesi, indizi, suggerimenti, che tali sono destinati a rimanere fino a quando i magistrati non arriveranno ad una svolta. La speranza è l'ultima a morire, dicono.

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