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Francesco Baraldi

Giornalista Modena

L'opinione | Elezioni 2024. Politica modenese latitante, vince il calcolo elettorale

Lo scenario politico cittadino registra un particolare appiattimento, tra le difficoltà del centrosinistra a trovare il successore di Muzzarelli e la mancanza di progettualità del centrodestra, contornate da un'assenza di reale un civismo, che a Modena non trova terreno fertile

Mancano ormai meno di cinque mesi all elezioni amministrative del 9 giugno - e ancora meno alla data ultima per la presentazione delle candidature - e Modena vive ancora in un limbo surreale. Ad ormai pochissimo tempo da un appuntamento cruciale per la vita della città, non si conosce ancora il nome di un singolo candidato alla carica di sindaco. Non solo, non sono note neppure le coalizioni che saranno in campo.

La politica locale sta vivendo di attendismo e tatticismi. Da un lato il centrosinistra paralizzato dalle diatribe interne come mai prima d'ora, dall'altro un centrodestra incapace di realizzare un progetto politico locale stabile e continuativo. Tutt'intorno una galassia di movimenti - a partire da quello pentastellato - che non sono in grado di fare massa critica, schiacciati dal peso e dalla necessità di probabili o improbabili alleanze. Tutto questo in un contesto cittadino che si conferma estraneo alla formazione di proposte civiche che possano essere alterative alla politica tradizionale.

Il centrosinistra si chiude a riccio

La fine del decennio targato Muzzarelli consegna al Partito Democratico un compito che si è rivelato più ostico del previsto: l'individuazione di un "successore" non è ancora arrivata e il percorso di avvicinamento sta mettendo in luce le tante divisioni interne e una certa carenza nell'aver predisposto negli anni un percorso chiaro di crescita delle nuove generazioni di politici modenesi. Quello che pare ormai certo è che i dem abbiano accantonato lo strumento delle primarie, che senza dubbio ha costituito una pietra fondante del progetto Pd e che ha costituito una novità all'insegna della trasparenza e della partecipazione nel panorama politico. Proprio dalle primarie emerse il nome di Muzzarelli nel 2014, insieme ad un dibattito sui temi che oggi manca.

Nel 2024 il nome passerà invece dal confronto con i Circoli e dall'inevitabile peso delle correnti regionali e romane di un partito che sta attraversando un momento di crisi di consenso. Resterà da capire quanto questa crisi e le sue conseguenti scelte influiranno sulla realtà modenese, dove il Pd può contare su una solidità consistente, seppur messa a dura prova dal passare degli anni. Dopo mesi turbolenti, i democratici riusciranno a trovare una sintesi in grado di rendere credibile la proposta?

Proposta che almeno nei contenuti programmatici sembra già scritta: nel merito, il centrosinistra vive e vivrà nel solco dell'attività amministrativa del doppio mandato di Muzzarelli. Voci che si discostano da quel solco non sono ancora emerse e questa è forse l'unica certezza dell'appuntamento elettorale di giugno. Basterà?

Centrodestra, un copione sterile

Sul fronte opposto, quello del centrodestra, le cose non vanno certo meglio. Anzi. La coalizione che dovrebbe rappresentare l'alternativa al centrosinistra non ha sviluppato alcun progetto politico locale, neppure a breve-medio termine. Forte di un consenso in crescita nelle ultime tornate elettorali sul piano nazionale, il centrodestra locale culla l'idea di poter ottenere un buon risultato anche alle amministrative, ma lo fa basandosi solamente sul voto di opinione, senza aver costruito in questi anni una proposta politica e programmatica, senza aver costruito una vera e propria rete che sappia coinvolgere la società civile, quella stessa rete che storicamente consente alla sinistra di vincere gli appuntamenti elettorali modenesi.

Cambiano i nomi dei partiti alla guida della coalizione, ma la sostanza non muta. Prima Forza Italia, poi la Lega, oggi Fratelli d'Italia: le forze trainanti si alternano, ma il copione resta il medesimo. Il percorso di avvicinamento alle elezioni si consuma nelle segreterie di partito (modenesi e romane), il bilancino interno prevale sui contenuti e la storia si ripete.

Senza una classe dirigente realmente intenzionata a costruire un progetto politico locale, il centrodestra cerca affannosamente di pescare nomi dalla società civile che possano rappresentare una candidatura unitaria, che possano allargare gli orizzonti e intercettare almeno nominalmente ambienti economici, professionali e politici che finora hanno preferito altri lidi. Ad oggi questa soluzione si è dimostrata sterile e le prospettive per la prossima tornata elettorale non sembrano discostarsi molto.

Civismo, questo sconosciuto

Gli ultimi anni della vita politica modenese sono trascorsi in un appiattimento generalizzato, complici sicuramente la pandemia e altri fattori di incertezza. Tuttavia è sempre interessante notare come sotto la Ghirlandina non riescano ad emergere progetti civici degni di tal enorme, capaci di rappresentare alternative agli schieramenti predefiniti. Su questo ha sicuramente influito da un punto di vista storico la grande capacità della sinistra di costruire relazioni e creare consenso. Tuttavia, anche il progressivo assottigliarsi di questo consenso - lungo oltre 70 anni - pare non aver prestato il fianco alla nascita di reali alternative. Nè a sinistra, nè al centro.

Lo stesso Movimento 5 Stelle vive un momento di impasse, tra le spinte "indipendentiste" degli esponenti locali e l'attesa per le scelte nazionali che potrebbero portare ad un'alleanza con il centrosinistra. Anche se i numeri dei grillini potrebbero rappresentare un ago della bilancia in termini prettamente elettorali, sembra evidente a tutti che la spinta propulsiva di un movimento che ha rappresentato l'unica vera novità nella politica italiana dell'ultimo ventennio si sia ormai esaurita. Quel progetto di rete nella Rete anche a Modena si è perso, fagocitato dagli schemi classici della politica locale.

Idee e progetti sono i veri assenti

Questo scenario tutt'altro che incoraggiante mette in luce come elemento prevalente l'assenza di un vero dialogo politico basato sulle idee e i programmi per il futuro della città. Come se tutte le forze politiche, comprese quelle di maggioranza, vivessero di riflesso all'azione dell'Amministrazione comunale. A favore o contro, ma senza sviluppare una visione, ovvero abdicando alla funzione basilare della politica. L'Amministrazione fa, e facendo declina in concreto la propria idea politica di città. Tutto il resto segue di conseguenza: le opposizioni criticano ma sono incapaci di costruire alternative credibili, le forze di maggioranza talvolta esprimono dissensi (come sui temi ambientali) che poi si ricompongono alle urne. E tutto si ripete uguale a prima.

Al di fuori dell'azione amministrativa il panorama è abbastanza desolante e questo è un problema enorme. Anche perché in questo modo le elezioni comunali modenesi sembrano assomigliare sempre di più ad un referendum confermativo che si tiene ogni 5 (o per meglio dire ogni 10) anni, senza invece essere il terreno di confronto sulle visioni più profonde di costruzione della società quali in teoria dovrebbero essere. In teoria, appunto.

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