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Lettera a Dario Fo da parte di un "amico" modenese

Una bella testimonianza scritta da una giovane studente Unimore, Francesco Gandolfi, per il quale il Premio Nobel Dario Fo si prodigò per consentirgli di seguire da casa in streaming le lezioni universitarie. Ecco le sue parole e la sua storia

Mentre scrivo questo mio ricordo personale del Maestro, ho dinanzi il dipinto che mi regalò in occasione dello spettacolo messo in scena al teatro Duse di Bologna dedicato a "Ciulla, il grande malfattore". Potete immaginare quante emozioni, quanti ricordi e quante passioni mi scateni in questo istante la vista del quadro e stendere il testo mi riesce veramente difficile, gravoso. 

Penso a quando gli scrissi la mia prima lettera, dopo essere rimasto sbalordito, oltre che folgorato, del suo stravagante e vulcanico duetto con MIKA a "Le invasioni barbariche". Io e il Maestro eravamo entusiasti di quella musica, solo apparentemente allegra e leggera, ma concepita per chi, in qualche misura, conosce il significato e il valore delle frustrazioni, delle delusioni e delle sofferenze derivanti dalla emarginazione.

Intuii che poteva immedesimarsi in me, nel tormento, nel dissidio, che stavo provando in quel periodo e così mi decisi a contattarlo. Ero consapevole del fatto che, molto probabilmente, il mio messaggio non gli sarebbe mai stato recapitato per via dei suoi costanti impegni e tuttavia misi in quella lettera tutto me stesso e ricordo molto bene quanto mi costò in termini fisici e nervosi. Poiché assicuro che è infinitamente più semplice esporre la tearchia dello pseudo Dionigi che esporre sé stessi.

Non ricevetti risposta per mesi, devo ammettere che ormai non pensavo nemmeno più all'accaduto, finché un giorno i collaboratori del Maestro mi contattarono per chiedere il numero di telefono perché Dario Fo desiderava parlarmi. Come non rivelerò mai a nessuno il contenuto di quella lettera, così non riferirò ciò che mi disse in quella prima telefonata, anche se non dimenticherò mai le parole che usò nei miei confronti, non dimenticherò mai cosa mi disse a proposito della lettera che gli avevo inviato.

Da quel 7 agosto 2014 si sono succedute tante lettere, altrettante telefonate, parlavamo dei suoi numerosi progetti, ci confrontavamo sui temi d'attualità, aveva capito subito quali fossero le mie esigenze, che tipo di persona ero e sono e quali mezzi usare per stimolarmi ad affrontare le sempre infinite difficoltà con nuova grinta e slancio. Fra queste, un ostacolo che appariva insormontabile lo rappresentava, senza dubbio, la mia partecipazione alle lezioni universitarie e non è esagerato affermare che, senza l'intervento del Maestro, grazie al quale oggi assisto ai corsi a distanza per via telematica, probabilmente avrei abbandonato gli studi.

Un giorno mi disse di tenere sempre a mente che, senza la solidarietà umana, il genio, l'estro e la creatività non contano nulla. Ecco perché posso dire di aver avuto la fortuna di incontrare un grande del nostro tempo, al quale avrebbe fatto senz'altro piacere, e sicuramente gli avrebbe strappato una risata, essere ricordato con la battuta finale del monologo, recitato centinaia di volte, di Ruzzante.
“Peccato che abbia finito di campare, era così vivo, da vivo!" Grazie per tutto.

Francesco Gandolfi 
(studente iscritto V anno Giurisprudenza a Unimore)

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