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Curiosità modenesi | Tra Guardaporci e Fregatette, le contrade che non esistono più

C'era una volta nel centro di Modena, dove ora si passeggia ignari del passato, una città dove i nomi delle contrade era piuttosto esplicativi... Ne conoscete qualcuno?

Forse gli appassionati di storia e curiosità locali ne avranno già sentito parlare, ma per tanti sarà una vera sorpresa scoprire alcuni nomi di strade modenesi dei secoli passati. Tra il faceto e il grottesco, varie fonti le citano, comprovandone dunque l’esistenza, anche se a volte l’origine del nome non è chiarissima. Si parla dei tempi in cui il centro di Modena era attraversato dai canali, tempi in cui imperversava la peste e per le strade giravano i maiali in libertà. Ecco alcuni nomi assurdi di vie che non esistono più:

Fregatette (Contrada)

Scomparsa intorno alla fine del ‘700 quando l’isolato delle 82 case, un quartiere composto da vie strettissime, fu distrutto per volontà del Duca Francesco III nell’ambito delle riforme edilizie Franceschine del 1773. Quella zona fu poi ricostruita con le cosiddette case (o fabbriche) nuove ed è tuttora l’isolato che va da piazzetta Muratori a via Taglio e piazza della Pomposa. Negli ultimi anni della sua esistenza però contrada Fragatette cambiò nome, sempre per volontà del Duca e divenne di S. Maria Maddalena o di S. Croce; come scrive il Valdrighi nel suo dizionario delle contrade modenesi: “Chi s' incaricò con mezzi espeditivi di sopprimere la scollacciata nomenclatura fu Francesco III, che con un tratto di penna ordino la distruzione della stradicciuola anche più sconcia, e così furono troncate le quistioni”.

Questioni che riguardavano il significato del nome, dal momento che in tanti, studiosi o dilettanti, si erano arrabattati per cercare una risposta soddisfacente. “Considerato da taluni nella sua cruda nudità, lo si volle esempio dell' indifferente brutalismo attribuito al medio evo monacale e soldato - scrive Valdrighi - strana miscela di ingenuità e malizia; da altri verginali e sensitivi baccalari si volle corrotto da frega-tetto, quasi che la eccessiva vicinanza de' tetti nel vicolo l'avesse così fatto qualificare”. Qualcuno aveva addirittura asserito che non nel cartello indicatore non si era mai vista la desinenza in -e, ma che la “correzione” sboccata non era apparsa “altro che nella bocca del pubblico”.

Piangipane (Contrada)

Come la sua vicina Fregatette, scomparve per la costruzione dell'isolato detto delle case nuove, quello che si trova alle spalle della statua eretta per Ludovico Antonio Muratori e finisce in piazza della Pomposa, sull'area delle catapecchie atterrate nel 1773, durante le riforme edilizie Franceschine. Sino al secolo XVII fu così chiamata poiché nelle cronache dello Spaccini, sotto la data del 1609, si trova erroneamente chiamata Piancipano. Sempre per volontà di Francesco III, prima di essere abbattute, sia contrada Fregatette che Piangipane avevano cambiato i nomi in Santa Croce e Santa Maria Maddalena.

Piangipane in realtà era il nome di una villa nei pressi di Ravenna e il nome potrebbe essere stato importato a causa della temporanea dipendenza della chiesa modenese da quella di Ravenna. Infatti, dai tempi dall'imperatore Valentiniano III e Galla Placidia (418) a quelli di Alfonso II d’Este (1573) la chiesa modenese fu sottoposta a quell'arcivescovado

“…e se di questa nomenclatura non fu causa qualche interesse chiesastico, può ben darsi che v'abbiano avuto influenza emigrazioni d'esuli, per persecuzioni di parti, ferissime fra Romagnoli”, ipotizza il Valdrighi nel suo dizionario delle contrade modenesi.

Negli archivi ravennati, l’appellativo Piangipane è spesso spiegato come nome inventato dai cittadini che in un anno di carestia, vedendo distrutte del tutto certe rovine di un tempio sacro al Dio Pane, avevano preso a dire “piange il Dio Pane”.

Guardaporci (Contrada de’)

Di questa strada si ha notizia certa negli statuti dell'acque del 1327, nel punto in cui si parla del canale “che scorreva nel portico della casa di un mess. Amedeo Zaccagna e sboccava in un altro canale che era nelle vicinanze presso l'abitazione de' Venturi di Frisa”. Nelle vicinanze pare ci fosse anche un ponte e in una carta comunale veniva collocata “in ripa magni canalis”, dunque sboccava in Canalgrande dove, tra l’altro, si ergeva la chiesetta di S. Antonio “il rettore della quale pretendeva avere speciale diritto di tenere in città i cosi detti porci di S. Antonio, Gli statuti nostri (1575) li esentavano dalla gabella”, scrive il Valdrighi nel 1880.

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