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Freddo e ipertensione, qual è la temperatura ideale in casa per evitare rischi

Una nuova ricerca ha dimostrato che una temperatura abitativa non inferiore ai 18 °C aiuta gli ipertesi a tenere sotto controllo la pressione

Con il rischio di nuovi rincari sulle bollette di luce e gas è bene limitare i consumi abitativi soprattutto ora che comincia l'inverno. Come? Iniziando a regolare la temperatura interna dell’abitazione in base al tipo di utilizzo che si fa dei singoli locali: ad esempio non è necessario riscaldare fino a 19°/20°C gli ambienti usati di rado. Per un solo grado di temperatura interna superiore, infatti, aumentano i consumi del 6-8%. Tuttavia bisogna fare attenzione a non abbassare troppo la temperatura, perché vivere in un'abitazione troppo fredda può nuocere in particolare a chi soffre di ipertensione (pressione alta).

Ad aver indagato tale correlazione una nuova ricerca ("il sondaggio Smart Wellness Housing") condotta tra il 2014 e il 2019 dalla School of Environment and Society del Tokyo Institute of Technology, in Giappone. I ricercatori hanno dimostrato che quando la colonnina di mercurio si abbassa troppo, si verifica un restringimento dei vasi sanguigni (vasocostrizione) che comporta un aumento pressorio (la pressione si alza per far scorrere meglio il sangue nelle vene ristrette). I risultati, pubblicati su Hypertension Research, suggeriscono dunque a chi presenta un alto rischio cardiovascolare, come gli ipertesi, di regolare adeguatamente la temperatura, non abbassandola troppo.

Lo studio

Per esaminare la relazione tra la temperatura dell’abitazione e pressione sanguigna, i ricercatori hanno condotto uno studio su oltre 2500 famiglie, per un totale di 5000 persone. Tramite sensori di monitoraggio automatizzati forniti dagli scienziati, i partecipanti hanno misurato, nel corso degli inverni tra il 2014 e il 2019, la temperatura in tre locali della casa (soggiorno, spogliatoio e camera da letto), e contemporaneamente la loro pressione sanguigna, due volte al mattino e due alla sera, per due settimane. Dalle misurazioni è emerso che circa il 90% dei giapponesi vive in case fredde (con una temperatura interna minima <18 °C), soprattutto le famiglie a basso reddito e le persone che vivono da sole. In particolare, le temperature medie rilevate erano di 16.8 °C, 13 °C e 12.8 °C rispettivamente in soggiorno, nello spogliatoio e in camera da letto, mentre quelle minime erano di 12.6 °C, 10.4 °C e 11.2 °C.

Più la temperatura è bassa più la pressione è alta

Quando le temperature sono state associate ai valori della pressione del sangue, è emerso che più le temperature dei locali erano basse, più la pressione era alta (e viceversa). In particolare, i risultati hanno mostrato che la pressione massima era più sensibile alla temperatura al mattino (rispetto alla sera), registrando un aumento di 8.2 mmHg (millimetri di mercurio) per una diminuzione di 10 °C. Mentre alla sera, a parità di riduzione della temperatura, l'aumento della pressione massima registrato era di 6.5 mmHg. Inoltre, i risultati hanno evidenziato che la sensibilità era maggiore nelle persone più anziane (di età pari o superiore a 57 anni) e nelle donne.

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Una pressione instabile è dannosa quanto la pressione alta

Dallo studio è emerso anche che i partecipanti che vivevano in case con una lieve escursione termica tra il giorno e la notte (inferiore a 1°C) mostravano una variabilità pressoria inferiore rispetto a coloro che vivevano in case con una maggiore escursione termica (4 gradi o più). Ora, non solo l’ipertensione (quando entrambi i valori di pressione, minima e massima, sono superiori a 140/90 mmHg) può aumentare il rischio di malattie cardiovascolari (come angina pectoris, infarto miocardico, ictus cerebrale), ma anche una pressione instabile, cioè con ampie fluttuazioni nel corso della giornata, può danneggiare l'apparato cardiovascolare a lungo termine.

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18 °C è la temperatura minima ‘ideale’ 

Nella seconda parte dello studio, i ricercatori hanno esaminato nuovamente le temperature dell’abitazione in relazione alla pressione arteriosa dei partecipanti, dopo che le abitazioni erano state sottoposte a isolamento termico. Con questo intervento si è provveduto ad isolare le pareti esterne, il pavimento e il tetto, e a sostituire le finestre a vetro singolo con quelle a vetri doppi. Questo ha fatto sì che la temperatura dell’abitazione aumentasse di 1.5 °C e riducesse parallelamente di 3.1 mmHg la pressione massima del sangue dei partecipanti.

"La nostra ricerca - ha spiegato Wataru Umishio, coordinatore dello studio - ha evidenziato che abitare in un alloggio con una temperatura adeguata è importante per prevenire l'ipertensione e diminuire la mortalità causata dalle malattie cardiovascolari. A tal proposito, gli esperti sono concordi nel raccomandare una temperatura domestica minima di 18 °C come consigliano anche le Linee guida per l'alloggio e la salute pubblicate nel 2018 dall'Organizzazione Mondiale della Sanità".

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