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Tiroide e covid, l’Endocrinologia dell’Ausl e i 12 mesi di sfide contro il virus

Dagli ambulatori aperti solo per le urgenze all’utilizzo del Teleconsulto, dai nuovi quadri clinici causati dal SARS-CoV-2 alla gestione dei pazienti più fragili. L’anno più difficile raccontato dai medici e dagli infermieri che ogni giorno si prendono cura dei pazienti con malattie della tiroide

Entra nel vivo la Settimana Mondiale della Tiroide (in programma fino al 30 maggio), che torna dopo un anno di stop causato dall’emergenza correlata alla pandemia da Covid-19. Il tema scelto per l’edizione 2021 è “Tiroide e pandemia da Covid”, per dare risposta alle tante domande che si pongono in questo periodo i pazienti affetti da patologia tiroidea e anche le persone sane attente alla salute della propria tiroide.

L’iniziativa è promossa dalle maggiori Società Scientifiche endocrinologiche, mediche e chirurgiche italiane, quali ad esempio l’Associazione Italiana della Tiroide, l’Associazione Medici Endocrinologi e la Società Italiana di Endocrinologia.

Come ogni anno – dichiara il Prof. Giampaolo PapiDirettore dell’Endocrinologia dell’AUSL di Modena –, anche quest’anno l’Unità Operativa che dirigo aderisce alle iniziative della Settimana Mondiale della Tiroide, optando per una campagna di informazione esaustiva sui temi riguardanti l’impatto del COVID-19 sulla tiroide”.

La fase di riorganizzazione dell’Endocrinologia durante il primo lockdown: il Teleconsulto - A partire dalla metà di marzo del 2020, il Servizio di Endocrinologia dell’AUSL di Modena ha dovuto rimodularsi per rispondere, da un lato, all’esigenza di aiutare i reparti internistici in difficoltà per il sensibile aumento dei ricoveri e, dall’altro, per garantire l’assistenza ai pazienti endocrinologici – per lo più affetti da malattie della tiroide – con situazioni urgenti.

Su 100 richieste di visite endocrinologiche che pervengono al nostro Servizio, ben 97 riguardano malattie della tiroide. Ci siamo dovuti riorganizzare in fretta – afferma la Dott.ssa Iolanda Coletta -. Mentre il nostro Direttore dava man forte ai Colleghi della Medicina Interna dell’ospedale di Carpi, io e gli altri Colleghi presidiavamo gli ambulatori nei punti nevralgici della provincia, di competenza dell’Unità Operativa”. “L’interruzione improvvisa delle visite programmate e differibili – aggiunge la Dott.ssa Maria Sole Gaglianò – è stato un evento importante, che ha fatto molto soffrire sia noi sia i nostri assistiti. La possibilità di telefonare direttamente ai pazienti ci ha permesso di tranquillizzare quanti di loro erano legittimamente in ansia e di discernere i casi davvero urgenti da sottoporre subito a visita da quelli che si potevano procrastinare senza rischi”.

Nel corso del primo lockdown, l’UOSD di Endocrinologia dell’AUSL di Modena è stata tra le prime a iniziare il Teleconsulto, raggiungendo a distanza oltre mille pazienti, ed è stata tra le prime branche specialistiche a riaprire i propri ambulatori alla fine di aprile 2020.

L’arrivo dei rinforzi e la presa in carico “globale” del paziente tiroideo - Contrariamente a quanto ci si potesse aspettare a seguito del periodo di sospensione delle attività ambulatoriali programmate, l’Endocrinologia dell’AUSL di Modena ha visto aumentare le prestazioni nel periodo maggio 2020-aprile 2021. Negli scorsi 12 mesi, infatti, l’Unità Operativa ha superato le 15.000 prestazioni. “Grazie all’arrivo di un nuovo e validissimo specialista endocrinologo, il Dott. Alessandro Guidi, e di una nuova infermiera specializzata in campo endocrinologico, Giulia Portente, negli ultimi mesi del 2020 e nei primi mesi del 2021 – dichiara il Prof. Papi - l’Endocrinologia dell’AUSL ha ampliato l’offerta di prestazioni in campo tiroidologico. In particolare, abbiamo aperto nuovi ambulatori presso la Casa della Salute di Castelfranco Emilia e presso il Distretto di Vignola, dove adesso vengono eseguiti anche esami ecografici e agoaspirati della tiroide, oltre alle normali visite”.

Il ritorno alla normalità e le procedure di Termoblazione - “Già i primi di giugno dello scorso anno siamo riusciti a riprendere con le procedure di termoablazione dei noduli tiroidei – afferma l’infermiera Viviane Ardente -. È stata un’emozione forte poter accedere nuovamente, con le necessarie norme di sicurezza, in sala operatoria. Anche i pazienti erano molto contenti che il tempo dell’attesa fosse finalmente finito”. Da settembre 2019 - quando è stata donata la strumentazione specifica da parte dell’Associazione Pazienti Tiroidei Onlus, con il contributo di alcuni privati cittadini – fino ad oggi, presso l’Ospedale di Carpi sono state eseguite 65 procedure di Termoablazione di noduli tiroidei. Le indicazioni principali alla termoablazione riguardano i noduli tiroidei benigni, di volume tale da determinare disturbi compressivi o problemi estetici; in progressivo aumento dimensionale; o in paziente con controindicazioni all’intervento chirurgico o che non desideri sottoporsi all’intervento chirurgico.

Il nostro centro a Carpi è uno dei pochi in Italia ad eseguire sia la Termoablazione Laser, sia la Termoablazione con Radiofrequenza – ribadisce il Prof. Giampaolo Papi -. Per questa procedura siamo diventati un punto di riferimento nazionale, anche per quanto riguarda la formazione degli specialisti che desiderano imparare ad eseguirla”.

Le nuove forme di tiroidite causate dal virus e la gestione dei pazienti più fragili - Studi epidemiologici hanno dimostrato un aumento della prevalenza di ipertiroidismo (cioè un aumento dei livelli di ormoni tiroidei nel sangue) nei pazienti affetti da Covid-19 severa. In uno studio retrospettivo italiano, il 20% dei pazienti ospedalizzati per forme gravi di Covid-19 hanno presentato forme di ipertiroidismo causato da tiroiditi (e cioè di forme infiammatorie che colpiscono la tiroide) da distruzione follicolare, secondaria alla cosiddetta “tempesta citokinica”. Tale forma di tiroidite è stata anche definita “atipica”, in quanto – pur manifestandosi con le caratteristiche di laboratorio tipiche della tiroidite subacuta – non causa dolore al collo e si associa a linfopenia. In linea generale, si è osservato che il Sars-CoV-2 può attaccare direttamente la tiroide, la cui funzione andrebbe pertanto controllata soprattutto nei pazienti con forme gravi di Covid-19.

I soggetti affetti da ipertiroidismo o ipotiroidismo controllati dalla terapia non sono a maggior rischio di contrarre l’infezione da SARS-CoV-2 e non hanno una prognosi peggiore di altri pazienti nel caso in cui dovessero ammalarsi” afferma la Dott.ssa Lucia Mingolla. “Il problema più serio che abbiamo avuto nel pieno della pandemia e che, in un certo senso e per una certa tipologia di pazienti abbiamo ancora oggi – osserva la Dott.ssa Monica Vecchi –, è rappresentato dai pazienti con orbitopatia da malattia di Graves-Basedow candidati alla terapia corticosteroidea ad alte dosi. L’immunodepressione causata dal trattamento con cortisonici nel corso di una pandemia virale è sempre un rischio che bisogna bilanciare con i benefici previsti dal trattamento. Un ciclo completo di vaccinazione contro il Covid prima della somministrazione del cortisone riduce i rischi che venga contratta la forma sintomatica dell’infezione da Sars-CoV-2 e che l’efficacia della vaccinazione risulti inferiore a quella attesa”.

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