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"Era giusto e naturale", la lettera dell'antagonista in carcere per il pestaggio del carabiniere

Lorenzo Canti, arrestato per l'aggressione del 10 marzo scorso a Piacenza, scrive il suo pensiero reso poi pubblico dal sito infoaut.org. "La solidarietà e il rispetto degli altri detenuti non è mai mancato ed è stato sempre forte"

Nessun pentimento per gli atti violenti del quale è accusato, ma un messaggio ai "compagni" per proseguire la lotta nelle piazze. E' questo il tenore della lettera che Lorenzo Canti ha scritto dalla sua cella del carcere delle Novate: il 23enne modenese è detenuto da ormai un mese per il pestaggio del carabiniere del Battaglione di Bologna avvenuto a Piacenza lo scorso 10 febbraio, durante la manifestazione organizzata dai centri sociali contro l'apertura di una sede di Casa Pound. L'antagonista si è reso protagonista negli scontri, colpendo il militare finito a tera con l'asta di una bandiera ed è finito in cella insieme ad altri due giovani, vedendosi poi respinta dal Tribunale del Riesame la richiesta di scarcerazione in attesa del processo.

Canti, attivista noto tra Modena e Bologna, ha affidato il suo pensiero al sito d'area infoaut.org, che ha pubblicato integralmente la sua missiva. Il giovane ripercorre quella "memorabile giornata di lotta collettiva", sottolineando l'importanza di dire "un tuonante NO al fascismo e al razzismo. No a Casa Pound, Forza Nuova, e Lega Nord. No alla retorica dello straniero e del diverso. No al terrorismo leghista. No all’identificazione del migrante come persona da sfruttare sul posto di lavoro tra mille ricatti, e poi giustiziabile sull’altare della xenofobia, non di un folle, di un borderline, ma da un fascista". 

"In quella giornata tra Piacenza e Macerata abbiamo vinto tutti noi che abbiamo conquistato le piazze a spinta per non permettere i comizi fascisti e l’equiparazione “democratica” dell’antifascismo militante con il fascismo - scrive Canti, che poi spiega - Noi ora dentro il carcere siamo come ostaggi nella rappresaglia dello stato contro i poveri, in una battaglia persa da Minniti, e che ora si serve dei tribunali per reprimere ciò che era giusto e naturale fare: scendere in strada e lottare. [...] Stare in carcere non è semplice, ma la solidarietà e il rispetto degli altri detenuti non è mai mancato ed è stato sempre forte. Spero di poter tornare presto in libertà e di non aver perso il posto di lavoro e recuperare un po’ di tempo sottratto agli studi, ma soprattutto per tornare a vedere le piazze sempre più gremite, compatte e determinate ad opporsi contro la situazione politica che si è venuta a creare dopo le elezioni".

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