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Carico di lavoro, ambienti non idonei e relazioni difficili: gli insegnanti modenesi e la pandemia

I risultati di un'indagine condotta da Ires-Cgil. Sulla qualità del lavoro i punti di criticità emersi sono la crescita professionale, il carico di lavoro e la retribuzione. Mentre gli aspetti di maggiore soddisfazione riguardano la relazione con gli studenti, le famiglie e i colleghi di lavoro, e la coerenza del lavoro con i propri interessi e le proprie passioni

E’ stata resa pubblica una interessante indagine Ires Cgil Emilia Romagna dal titolo “Pandemia e qualità del lavoro nella scuola in provincia di Modena”, promossa dal sindacato Flc/Cgil. L’indagine ha coinvolto 638 lavoratrici e lavoratori, in maggioranza donne (85,1%). Di questi, i docenti sono l’82,1%, il 17,9% sono collaboratori scolastici assistenti tecnici e amministrativi (Ata). 

Pandemia e condizioni di lavoro

Per il 67,5% non si è lavorato meglio in assenza di linee guida. L’opzione di riposta valuta la postura individuale di reazione rispetto all’insorgenza della pandemia: atteggiamento attendista vs atteggiamento intraprendente. Inoltre, si riporta che “la pandemia ha reso evidenti i ritardi contemporaneamente strutturali, infrastrutturali e di personale della scuola”: sull’affermazione è d’accordo il 90% del campione intervistato.

Sui cambiamenti registrati nella dimensione delle relazioni interpersonali si registra che per il 40% sono peggiorate soprattutto nei confronti di famiglie (40,4%) e studenti (37,6%). Si evidenza un peggioramento delle relazioni interpersonali soprattutto negli uomini nel rapporto con gli studenti e i colleghi, nei più giovani e con meno anzianità lavorativa nel confronto con studenti e famiglie. Peggioramento più diffuso nella scuola secondaria di I grado e II grado nella relazione con gli studenti, e nella scuola primaria nella relazione con il dirigente.

Rispetto ai cambiamenti intercorsi nelle condizioni di lavoro si sono registrati un aumento del carico di lavoro (85,1%), un aumento del tempo di lavoro (75,7%) e segue l’aumento della risoluzione autonoma degli imprevisti (51,6%). Il 50,7% ha vissuto una diminuzione della possibilità di scegliere i tempi del proprio lavoro, il 46,9% una diminuzione della possibilità di scegliere come organizzare il proprio lavoro, e il 39,5% ha vissuto una diminuzione della possibilità di scegliere gli obiettivi del proprio lavoro. Per riuscire a mappare la diffusione dei fattori di rischio sulle dimensioni analizzate, sono stati costruiti tre profili di rispondenti:

  • gruppo stress organizzativo: identifica quei lavoratori (42%) che hanno vissuto un aumento del carico di lavoro e contestualmente una contrazione della possibilità di scegliere come organizzare il proprio lavoro;
  • gruppo stress tempi di lavoro: identifica quei lavoratori (41,9%) che hanno vissuto un aumento del tempo di lavoro e contestualmente una contrazione della possibilità di scegliere i tempi del proprio lavoro;
  • gruppo stress programmabilità del lavoro: identifica quei lavoratori (16,9%) che hanno vissuto un aumento della risoluzione automa degli imprevisti e contestualmente una contrazione della possibilità di scegliere gli obiettivi del proprio lavoro.

La scuola primaria è quella dove si concentrano i più elevati fattori di rischio stress-lavoro correlato per tutti e tre i gruppi di stress.

Altri temi presi in considerazione sulle condizioni di lavoro riguardano l’aumento del tempo di connessione per motivi di lavoro, come ad esempio e-mail, WhatsApp e altri strumenti digitali (69,8%), l’aumento delle pratiche burocratiche (67,7%) e la duplicazione delle attività da svolgere (64,7%). Questa intensificazione del lavoro è stata maggiormente avvertita dalla scuola primaria (soprattutto la duplicazione delle attività e l’aumento del tempo di connessione) e dalle scuole secondarie di II grado.

Didattica a distanza

La DAD si è realizzata senza prevedere il tempo necessario per una adeguata riprogrammazione della didattica (83,8%), ma ha dato modo di sviluppare nuove modalità didattiche (81,6%). L’86,2% riconosce che la DAD abbia rappresentato un’opportunità per riuscire a mantenere i rapporti con gli studenti, nonostante abbia reso la relazione con gli stessi meno empatica (76,8%). Il 67,5% pensa che la DAD abbia permesso alle famiglie di interferire nello svolgimento dell’attività didattica, ma questo non ha favorito la comprensione del lavoro del docente; infatti, quasi la metà del campione pensa che la DAD indebolisca l’autorevolezza dell’insegnante e a pensarlo sono soprattutto gli under30. Pressocché tutti i distretti concordano sulla mancanza di tempo congruo per la riprogrammazione della didattica. Il distretto che più ritiene che la DAD indebolisca l’autorevolezza del docente è Pavullo nel Frignano. Il distretto che più pensa che la DAD abbia permesso di mantenere i rapporti con gli studenti durante la pandemia è Castelfranco Emilia ed è lo stesso che più afferma che la didattica a distanza ha permesso alle famiglie di interferire nella didattica. Tutti i distretti pensano che con la DAD la comunicazione con gli studenti risulta meno empatica, il distretto che concorda maggiormente con questa affermazione è Carpi (8,1), mentre Vignola è il distretto dove si riscontra un maggiore riconoscimento alla DAD come opportunità di sviluppare nuove modalità didattiche.

Abbiamo sintetizzato in un indice scala 1-10 l’informazione sugli aspetti negativi e sugli aspetti positivi della DAD. L’indice di aspetti negativi supera l’indice degli aspetti positivi della DAD, come dato generale. Le donne rispetto agli uomini risultano più positive, infatti rispetto agli uomini contemplano contemporaneamente un indice di aspetti positivi maggiore (6,2 contro 5,9) e, di poco, un indice di aspetti negativi minore (7,0 contro 7,2); per quanto riguarda la classe d’età, tutti i rispondenti hanno una prevalenza di aspetti negativi su quelli positivi, con un picco negativo particolare per gli under 30. Declinando l'indice per Istituzione scolastica, emerge che il picco di aspetti negativi si riscontra alla Scuola secondaria di II grado, mentre il picco di aspetti positivi presso la Scuola secondaria di I grado.

Il 66,4% dice che “davanti al rallentamento della società (lockdown, chiusure, distanziamento), alla scuola è stato richiesto (dallo Stato, dalle famiglie, dalla società) di mantenere gli stessi obiettivi di programma/apprendimento”; sono perlopiù uomini (67,9%), laureati (68,8%) e under30 (78,9%).

Il 72,6% afferma che “durante la pandemia, la visione “aziendale” della scuola si è accentuata inseguendo eccessivamente le diverse richieste delle famiglie”. È la classe di età più giovane a sottolineare maggiormente questo aspetto assieme ai docenti e alle scuole secondarie di I grado.

Infine, “durante la pandemia, la “visione “aziendale” della scuola si è accentuata ammorbidendo le valutazioni e semplificando i programmi”: a dichiararlo è il 67,5% dei rispondenti, perlopiù maschi (75,3%), delle scuole medie e superiori.

Stanchi, critici, ma soddisfatti del proprio lavoro: l'identikit degli insegnanti 

Pandemia e partecipazione

Sul flusso informativo durante la pandemia, il 67,8% valuta adeguato il lavoro del dirigente (soprattutto da scuole secondarie di primo grado), segue il sindacato, gli uffici territoriali, Ausl e governo che colleziona il giudizio peggiore (67,6% lo ha ritenuto non adeguato). Le scuole dell’infanzia presentano valutazioni migliori, mentre le scuole primarie hanno giudizi peggiori.

Sul ruolo del sindacato rispetto a “Gestione della DAD/DDI”, “Tutela individuale” e “Supporto nella interpretazione e gestione delle misure sanitarie ed organizzative” il campione si spacca in due. La maggioranza assoluta ha ritenuto adeguato il lavoro del sindacato e questo raccoglie la miglior valutazione nella scuola primaria e tra gli under30, mentre le persone comprese tra i 50 e i 59 anni hanno dato valutazioni minori in assoluto. Carpi è la provincia con il giudizio migliore per tutte e tre le attività; Mirandola, invece è il distretto che peggio valuta il lavoro del sindacato su tutti e tre gli indirizzi.

Momenti di consultazione dei dirigenti: il 46,7% non è stato coinvolto. Coloro che sono stati consultati in modo formale e strutturato sono stati: per titolo di studio i laureati (30,5%); per genere gli uomini (29,3); per tipologia di scuola le Scuole secondarie di I grado. Carpi è il distretto che più ha ritenuto utili i momenti di coinvolgimento (91,6%), seguito da Pavullo nel frignano (90,9%). In termini di istituzione scolastica il dato peggiore si concentra alla scuola primaria, dove il 39% non lo ha ritenuto per nulla utile o tutt’al più poco utile.

Pandemia e sicurezza

Metà degli intervistati (50,2%) lavora in condizioni ambientali disagiate. Le condizioni igieniche risultano adeguate dalla stragrande maggioranza (79,3%). È fisicamente stanca (69,8%) e ansiosa (45,3%) una componente importante degli intervistati, ma a fronte di questo dato quasi il 70% non si dice demotivato nel suo lavoro. I più sofferenti sono i lavoratori della scuola primaria: sono i più nervosi, ansiosi, stanchi e demotivati; accusano condizioni igieniche ed ambientali (assieme alle scuole secondarie di secondo grado) inadeguate in misura maggiore rispetto alle altre tipologie di scuole. Il distretto che lavora in condizioni ambientali ed igieniche più disagiate rispetto gli altri distretti è Carpi.

Il 54,3% degli intervistati si dice abbastanza o molto preoccupato di contrarre il Covid 19. La paura di contagiarsi sul luogo di lavoro diminuisce al cresce dell’Istituzione scolastica, ed è maggiore nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, soprattutto per le donne.

Pandemia e riconoscimento

L’indagine si è poi interrogata sul grado di valorizzazione/riconoscimento del ruolo del personale scolastico. Anche in questo caso abbiamo sintetizzato l’informazione scaturita dalle risposte ottenute, tramite un indice che può assumere valori da 1 (per nulla riconosciuto) a 10 (molto riconosciuto). Il maggior riconoscimento proviene dai colleghi/colleghe (6,7), seguiti da studenti (6,4), dirigente (5,6), famiglie (5,4). La mancanza di riconoscimento proviene soprattutto dalla società in generale (3,6). Gli uomini si sentono più valorizzati rispetto alle donne, soprattutto da dirigente e colleghi/colleghe. Gli under30 si sentono meno valorizzati dalle famiglie e dalla società in generale. Chi ha la licenza media, generalmente, si sente meno valorizzato sia nel rapporto con il dirigente, sia rispetto ai colleghi che alle famiglie e agli studenti. In modo speculare i laureati hanno valori medi più elevati verso tutti gli attori, eccezion fatta per la società in generale dove risultano quelli con il valore di riconoscimento più basso. Il 50,2% dei rispondenti non pensa che la pandemia abbia cambiato la percezione del proprio lavoro nella società, il restante pensa addirittura che sia diminuito (39,0%) e sono perlopiù le donne. La scuola dell’infanzia raccoglie la percentuale maggiore di coloro che affermano “diminuito” con riferimento alla valorizzazione del proprio lavoro (42,3%) e sono seguiti da Scuola Secondaria di II grado (40,8%) e scuola primarie (40,3%).

Scuola e futuro

L’indagine si chiude chiedendo ai rispondenti di proiettarsi nel futuro e di indicare quali possano essere le misure da mettere in campo per valorizzare maggiormente chi lavora nella scuola e per rilanciare il ruolo della scuola nella società. Nel complesso, la maggior parte dei lavoratori propone un aumento degli stipendi dei lavoratori della scuola (22,4%), investimenti nelle strutture e nelle infrastrutture della scuola (19,8%) e assunzione di nuovo personale in forma stabile (17,6%). Seguono richieste di investimento in formazione (13,6%), investimenti di risorse per finanziare progetti dedicati agli studenti più deboli (9,8%), creazione di spazi appositi nella scuola per favorire un progressivo abbandono del lavoro da casa (7,5%) e aumento delle collaborazioni con soggetti terzi nel territorio (5,4%).

Per i più giovani e per i lavoratori a tempo determinato (proprio per la particolare vulnerabilità contrattuale) si riscontra una maggiore richiesta relativa all’assunzione di nuovo personale in forma stabile (circa 21% tra gli under40) e una maggiore propensione all’aumento delle collaborazioni con soggetti terzi nel territorio (circa 8%); tra i giovanissimi under30 si rileva una maggiore richiesta di formazione (18%). Al cresce dell’età si osserva un aumento di richieste sugli investimenti in strutture e infrastrutture della scuola e sulla creazione di spazi di lavoro appositi nella scuola per favorire un progressivo abbandono del lavoro da casa.

Per la scuola dell’infanzia appare più diffusa la proposta relativa all’assunzione di nuovo personale in forma stabile (21,8%), mentre per la scuola secondaria di II grado si rileva una più alta diffusione sulla necessità di investire nelle strutture e infrastrutture della scuola (22%). Per i collaboratori si registra una necessità più ampia di assunzione di nuovo personale (22,7%), mentre per i docenti vi è una quota leggermente più elevata sulla proposta di investire nelle strutture e infrastrutture della scuola.

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