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L'acetaia "terremotata" di Finale continua a vivere anche dopo la pandemia

Per due anni, a causa delle regole Covid, non era stato possibile effettuare i travasi del mosto, con il rischio di perdere oltre un decennio di lavoro. Una lezione con i soci dell’AED ha permesso alle due batterie di poter portare avanti la loro missione dopo che dieci anni fa le botti riuscirono a resistere al terremoto. Protagonisti i ragazzi della classe 5D

È sopravvissuta prima al sisma e poi alla pandemia, ovvero gli eventi che hanno segnato, in momenti diversi dell'ultimo decennio, la storia di Finale Emilia. Oggi l'acetaia dell'istituto agrario “Ignazio Calvi” è tornata di nuovo in salute dopo aver rischiato, per la seconda volta, di disperdere il valore contenuto nelle due batterie di botti che la compongono. Nella mattinata di martedì 24 maggio l'Associazione Esperti Degustatori di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena D.O.P. è tornata con una propria delegazione al “Calvi” dopo due anni per compiere l'operazione dei travasi del mosto, fondamentale affinché il procedimento di invecchiamento possa proseguire in modo corretto. Nel biennio precedente, infatti, era stato impossibile per i soci dell'AED, da sempre vicina all'istituto agrario finalese nella gestione dell'acetaia, poter accedere al sottotetto e alle batterie a causa delle stringenti regole di accesso alla scuola collegate alla pandemia Covid-19.

«Essendo sceso molto il livello del mosto, il legno si era seccato tanto che una volta riempito iniziava a perdere in modo abbastanza evidente – spiega Mario Gambigliani Zoccoli, presidente dell'AED e del Consorzio Produttori Antiche Acetaie – infatti in una batteria, assieme agli studenti, abbiamo dovuto tirare i cerchi di una botte per porre rimedio alla situazione. Abbiamo comunque prelevato un ottimo aceto balsamico che la scuola utilizzerà per i propri omaggi natalizi, per il mercato contadino e per compensare coloro che collaborano con l'istituto. Siamo riusciti a effettuare i travasi recuperando la doppia evaporazione che c'era stata nello scorso biennio».

Batterie e balsamico dunque in salvo per la seconda volta, dato che proprio dieci anni fa il sisma rischiò di cancellare l'acetaia del “Calvi”. Giovanni Accetta, professore di biotecnologie dell'istituto agrario, referente per la cantina e l'acetaia, ricorda benissimo quei momenti nel 2012. «Eravamo molto preoccupati – racconta il docente – le batterie di botti all'epoca si trovavano al piano terra e i danni furono abbastanza contenuti, si era versato un po' di aceto ma per fortuna il terremoto non pregiudicò il contenuto pur intaccando i locali dell’acetaia. A quel punto siamo stati costretti a spostare tutto nel sottotetto al primo piano, nel momento in cui questo è stato ristrutturato. Adesso siamo in un locale più idoneo per ospitare le due batterie, abbiamo salvato quasi tutto il prodotto, mettendo le botti in sicurezza e legandole alla base per essere più protetti in caso di scosse».

Ogni anno una classe quinta ha la possibilità di seguire l'acetaia assieme all'AED e al professor Accetta: nel 2021/22 è toccato ai ragazzi della 5D dell'indirizzo viticolo ed enologico. L'avviamento delle batterie avvenne in un periodo tra i 12 e i 14 anni fa: una di queste è stata donata dall'Associazione Esperti Degustatori, poi è arrivata la seconda grazie all'impegno di Sabrina Ferrazzoni e dell'Acetaia Le Aperte di San Felice sul Panaro, la quale assieme all'Acetaia Gambigliani Zoccoli di Gaggio in Piano fornisce mosto certificato per alimentare il contenuto delle botti.

Il prodotto che ne esce, oltre a essere eccellente, ha anche uno scopo sociale. «Utilizziamo il nostro aceto balsamico tradizionale per destinarlo al mercato contadino di Finale Emilia – precisa il docente Giovanni Accetta – un progetto inclusivo in cui partecipano assieme studenti normodotati e altri con difficoltà certificate, offrendo un prodotto di grande qualità pur non essendo custodito nella sua tradizionale bottiglietta Giugiaro».

Insomma, l'esperienza dell'acetaia del Calvi, superate le varie difficoltà, viene coccolata dall'istituto come una delle proprie eccellenze: «È vero che in questa zona le acetaie non sono così diffuse come in altre parti del territorio provinciale modenese – conclude il referente dell'istituto finalese – però è importantissimo quello che facciamo, ovvero formare ogni anno una classe quinta sulla possibilità di costruire, gestire e condurre un'acetaia con un valore didattico enorme. L'interesse ovviamente va da ragazzo a ragazzo, però già trovare quei 5-6 studenti ogni anno propensi all'argomento per noi è già un grosso successo. Inoltre ci sono molti studenti appassionati di meccanica e della parte produttiva, i quali sono maggiormente propensi a seguire la parte agronomica, quella della gestione del vigneto e della sua vendemmia, all'interno del più ampio processo di realizzazione dell'aceto balsamico tradizionale di Modena».

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