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Cronaca

LA LETTERA - La mafia non si combatte con l'ottimismo degli anticorpi

Cinzia Franchini, modenese presidente nazionale dei trasportatori CNA, scrive una lettera aperta all'indomani dell'operazione antimafia. La Franchini era stata vittima di minacce ed intimidazioni di stampo mafioso

Le indagini degli inquirenti e i continui blitz delle forze dell'ordine impongono un risoluta presa di coscienza di tutti noi su cui è possibile fondare una efficace reazione. La mafia a Modena e in Emilia c'è eccome, e ogni giorno cresce la sua influenza e la sua capacità di corrompere le nostre città e la nostra Regione. Troppi ancora sono coloro che, da posizioni apicali, perseverano in atteggiamenti "omertosi" e "negazionisti" e altri ancora invece reagiscono con imbarazzanti frasi fatte del tipo "la mafia c'è ma noi abbiamo gli anticorpi". 

Il cancro della malavita organizzata sta conquistando, grazie alla crisi economica e anche grazie alla crisi di valori e principi di legalità, ogni giorno, posizioni di rilievo riuscendo a corrompere ad ogni livello e, ingabbiando, cosa veramente preoccupante, la nostra economia produttiva in pericolosi e distruttivi compromessi. 

Questa consapevolezza non prende piede come dovrebbe, anzi chi se ne fa portavoce o responsabile interprete viene spesso isolato e, se non si può "oscurarlo", lo si sopporta con fastidio. Personalmente ho vissuto e vivo con stupore e avvilimento le continue critiche rivoltemi anche all'interno del mio mondo associativo del tipo "ti stai occupando troppo di legalità". 

Quest'ultima ennesima operazione delle forze dell'ordine e della magistratura inquirente ci disvela un'economia criminale che si insinua agevolmente a tutti  i livelli, con nomi di spicco nella politica, nei mezzi d'informazione, nelle forze dell'ordine e nelle imprese come nelle sue stesse rappresentanze associative. Rapporti, frequentazioni e cointeressenze salde, quotidiane che non escludono nessuno e che confermano una preoccupante mancanza di presa di coscienza quanto invece una folle corsa a fare "patti con il Diavolo".

Non saranno certo altre targhe o celebrazioni di autorevoli vittime della mafia, apprezzabili ma non bastevoli, a camuffare quanto sta accadendo e soprattutto a farci considerare cosa stiamo veramente rischiando. 
Ci stiamo giocando il nostro futuro, la nostra tradizione di libertà e civismo che ci ha uniti nella nostra storia intorno ai valori positivi della vita associata. Stiamo rischiando di svendere la nostra identità, rinnegando noi stessi alla peggiore feccia corruttrice che fonda sull'associazione a delinquere ogni sua ragione. 

A Modena, non meno di tre mesi fa, nell'aula del Consiglio Comunale, il presidente della Commissione antimafia, Rosy Bindi, illustrava i risultati del primo rapporto sulle infiltrazioni malavitose nel Nord Italia. Nella sala gremita, molti i concittadini, i rappresentanti di associazioni per la legalità mentre si avvertiva l'imbarazzante assenza delle associazioni di rappresentanza del mondo economico e imprenditoriale. 

Oggi credo non ci si possa più imbarazzare, quell'assenza bene rappresenta l'allarmante mancanza di una seria, consapevole e responsabile presa di coscienza e di distanza del fenomeno malavitoso nella nostra città così come nella nostra Regione. 

Chi non teme la mafia, tanto da scenderci a patti criminosi o interessati, non teme di perdere tutto. 

Non sarà il proverbiale ottimismo che ci caratterizza e che caratterizza la nostra terra ad aiutarci contro questa terribile piaga, bensì una seria riflessione su ciò che stiamo realmente rischiando dovrebbe restituirci una "positiva e costruttiva paura". Contro la mafia non ci si oppone con l'ottimismo degli "anticorpi" ma con l'angoscia di chi è consapevole di perdere quanto di più caro ha: la propria dignità.

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