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Bilancio di genere Ausl. Azienda "al femminile", ma restano differenze di retribuzione

L’Ausl di Modena ha il suo primo Bilancio di genere e un piano di azioni positive per ridurre i gap

L’Azienda USL di Modena ha il suo primo Bilancio di genere. Il documento, tra i primi pubblicati da aziende sanitarie della Regione, mira a realizzare una maggiore trasparenza sull’impatto delle politiche di genere rispetto alle opportunità per i lavoratori, ma anche rispetto alle attività che l’Azienda quotidianamente svolge per la comunità e a creare un maggior benessere aziendale, con un’organizzazione che sia sempre più attenta alle condizioni delle proprie dipendenti e dei propri dipendenti.

Suddiviso in sei capitoli, attua un’analisi del ‘gender gap’ – divario di genere – sia nella dimensione interna all’azienda (ripartizione del personale per genere ed età nei vari livelli di inquadramento; posizioni di responsabilità; divario economico e media delle retribuzioni; ecc.), che in parte di quella esterna, prendendo a riferimento servizi del Dipartimento di Sanità Pubblica rivolti alla popolazione come Medicina dello Sport, Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro e Igiene Pubblica, che permettono un’analisi per genere dell’attività e di risultati ottenuti.

Il documento è stato illustrato questa mattina alla stampa: presenti l’Assessora Regionale alle Pari Opportunità, Barbara Lori; la Direttrice dell’Ausl di Modena, Anna Maria Petrini; e la Presidente del Comitato Unico di Garanzia dell’Ausl di Modena, Milena Casalini.

Alcuni numeri

I dati analizzati relativi a oltre 2300 dipendenti fanno emergere una ‘femminilizzazione’ strutturale della professione, in linea con l’area ‘socio-assistenziale’ sia pubblica che privata, con una differenza distributiva per genere pari al 74% di donne e il 26% di uomini. Fra il personale dipendente, le professioni maggiormente rappresentate presso l’Ausl di Modena sono quelle sanitarie. E’ evidente la differenza distributiva per genere più accentuata nel personale infermieristico - pari a oltre 2300 persone, di cui il 79% donne e il 21% uomini -, che si riduce in quello delle persone con lauree in medicina, pari a 720 totali, di cui il 61% donne e il 39% uomini, e rappresentate da 628 medici (62% donne, 38% uomini) e 92 tra veterinari e odontoiatri (54% donne, 46% uomini).

La riduzione della maggior presenza di donne rispetto agli uomini si mantiene anche nella carriera degli incarichi medici di struttura semplice, fino ad invertirsi nelle strutture complesse: in particolare, nelle strutture organizzative semplici sono presenti 41 donne (64%) e 23 uomini; nelle strutture organizzative complesse 16 donne (28%) e 42 uomini. Il gap è ulteriormente accentuato negli incarichi di medico veterinario e odontoiatria dove nelle strutture organizzative semplici è presente una donna al fronte di tre uomini, mentre non sono presenti donne nelle strutture organizzative complesse dove gli uomini sono invece cinque.

La presenza di genere è declinata anche per titoli di studio: i dati del Bilancio di genere evidenziano un numero di donne laureate (1305) maggiore degli uomini (411), così come quelle non laureate (2132) rispetto agli uomini (671).

Le differenze di genere che restano

Accanto a una prima analisi della distribuzione del personale che sarà ulteriormente approfondita, sono visibili alcuni fenomeni prevedibili e ricorrenti nel settore dei servizi alla persona tra cui: la maggioranza femminile del personale dipendente, concentrato soprattutto nelle fasce di età tra i 40 e i 60 anni; la scelta più frequente da parte delle donne di discipline che portano a carriere meno remunerative.

Nonostante politiche di assunzione orientate all’equilibrio e all’equità, si rileva ancora una quota di ‘gender pay gap’ – differenza di genere nella retribuzione – e le donne faticano di più ad arrivare alle posizioni apicali. Ciò è mitigato da altri dati assolutamente positivi, vale a dire la graduale riduzione della differenza tra uomini e donne del numero di macrostrutture occupate e, in aggiunta, la riduzione dei tempi di permanenza nel profilo prima di raggiungere l’incarico superiore.

Non sono presenti invece fenomeni tipici del gender gap come il ‘glass ceiling’ nel top management e negli organi e organismi collegiali, vale a dire il ‘soffitto di vetro’, tutte quelle barriere invisibili che impediscono o complicano la crescita in ambito professionale delle lavoratrici. Ancora, non si rileva il fenomeno della sovra-formazione femminile rispetto alla posizione lavorativa occupata, che è frequente rilevare per donne, stranieri e giovani (25-35 anni) nel settore socio sanitario e impiegatizio, pubblico e privato.

Infine, gli istituti di conciliazione (Part Time, Smart Working, Congedi parentali e permessi L. 104): sono ampiamente utilizzati in azienda, compreso il congedo parentale per i padri, a differenza del settore privato dove questo viene facilmente ostacolato.

Le dichiarazioni

“Il Bilancio di genere rappresenta per la Regione e per le aziende pubbliche del nostro territorio, insieme agli enti locali, uno strumento preziosissimo – dichiara l’Assessora regionale alle Pari Opportunità, Barbara Lori -. In questo senso il BG dell'Azienda USL di Modena offre una grande opportunità legata ad un metodo di lavoro collegiale, trasversale, che coinvolge molte figure professionali tutte preziose, nell’ambito di una realtà complessa, che però è dotata di una straordinaria capacità di rispondere ai bisogni delle persone e al cambiamento. Esiste un ‘gender gap’ ancora molto importante nel nostro Paese, meno marcato fortunatamente in Emilia-Romagna, su cui è necessario lavorare tantissimo. Come Regione stiamo mettendo in atto diverse progettualità. Penso per esempio al Fondo per l'imprenditoria femminile, ma anche alle azioni di rafforzamento per il contrasto alla violenza di genere, che proprio recentemente si è arricchita di una rete di Centri per uomini maltrattanti di cui siamo orgogliosi e fieri. Questa rete va rafforzata e il Bilancio di genere dell'Ausl di Modena ci offrirà sicuramente un'ulteriore opportunità per crescere insieme in questo percorso necessario e urgente”.

“Il BG è un traguardo importantissimo per la nostra azienda sanitaria – afferma la Direttrice Generale dell’Azienda USL di Modena, Anna Maria Petrini -. All’obiettivo primario di garantire la salute dei cittadini, dobbiamo unire quello di fare stare bene i nostri professionisti, valorizzando le loro competenze e capacità in un’ottica di inclusività. Il BG permette di osservare e migliorare, dove necessario, le politiche che mettiamo in campo per i nostri lavoratori. Questo lavoro ci consente e ci consentirà di garantire sempre di più il concetto di appropriatezza ed equità delle politiche e dei servizi sanitari perché inseriamo anche la prospettiva di genere. L’analisi alla base del BG ha come obiettivo il potenziamento delle azioni positive in grado di ridurre le disuguaglianze e il divario. I vari approfondimenti hanno evidenziato aree di miglioramento, ma anche l’assenza nella nostra azienda di discriminazioni dirette e di rilevanti fenomeni di ‘gender gap’. Rimarco, infine, l’importanza della costruzione dal basso del BG, che vuole essere un’occasione partecipata e inclusiva da parte dei lavoratori, rendendoli pertanto protagonisti delle politiche aziendali”.

“Il BG è frutto di un grande lavoro di collaborazione e ascolto – aggiunge Milena Casalini, Presidente del Comitato Unico di Garanzia dell’Ausl di Modena -. Nella redazione del documento si è voluto impostare un metodo strutturato di lavoro sulle banche dati a disposizione, condiviso con i servizi e soprattutto replicabile. La fase di estrazione, elaborazione ed interpretazione delle informazioni, è stata supportata da vari interventi di ascolto per evitare problemi interpretativi e, soprattutto, per far emergere le possibili azioni positive ipotizzate direttamente con i professionisti”.

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