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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Autoriciclaggio, sequestrati 6,5 milioni al patron carpigiano dell'Hellas Verona

Maurizio Setti è indagato per autoriciclaggio e appropriazione indebita, in merito a diversi flussi di denaro che hanno attraversato le società riconducibili all'imprenditore

Al termine di una complessa indagine avviata alla fine del 2020 e coordinata dai Magistrati della locale Procura della Repubblica - Dott. Francesco Caleca e Dott.ssa Elena Caruso, i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Bologna hanno sottoposto a sequestro preventivo, su provvedimento del G.I.P. del Tribunale, disponibilità per un valore di 6,5 milioni di euro riconducibili al noto imprenditore carpigiano Maurizio Setti, patron della squadra di calcio Hellas Verona Football Club S.p.A., indagato per appropriazione indebita e autoriciclaggio.

Il provvedimento cautelare scaturisce dalle risultanze degli accertamenti condotti dalle Fiamme Gialle del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bologna sulle vicende di due società bolognesi rientranti, nel recente passato, nella catena di controllo della società calcistica, nei confronti delle quali erano state emesse sentenze di fallimento successivamente revocate, all’inizio di quest’anno, in sede di reclamo.

All’esito di approfonditi riscontri, che hanno consentito di ricostruire minuziosamente i flussi finanziari e operazioni societarie stratificatesi nel tempo, è emerso che la partecipazione detenuta dalle due società nella Hellas Verona sarebbe stata oggetto, negli anni, di vorticose operazioni di cessione infragruppo e rivalutazioni (anche grazie al coinvolgimento di società estere) che ne avrebbero strumentalmente e ingiustificatamente incrementato il valore.

Sarebbe inoltre individuata una sofisticata operazione di autoriciclaggio per ben 6,5 milioni di euro, importo che sarebbe illecitamente sottratto dall’indagato alle casse della società calcistica sfruttando il suo doppio ruolo di amministratore e socio unico. Tali ingenti somme sarebbero state quindi impiegate, indebitamente, per portare a compimento un articolato piano di ristrutturazione di una delle due società bolognesi volto a scongiurarne il fallimento, dal quale sarebbe potuto derivare lo spossessamento della società di calcio, vale a dire dell’unico, vero asset produttivo dell’intera catena di controllo sopra menzionata.

Attraverso una vera e propria operazione di “maquillage contabile”, l’imprenditore avrebbe cercato di celare l’origine illecita delle somme di cui si era appropriato indicandone in diversi documenti bancari e contabili la provenienza da una distribuzione di “dividendi”, sebbene si trattasse, in realtà, di una disponibilità finanziaria accantonata in bilancio quale “riserva di versamenti soci in conto futuro aumento di capitale”, di per sé non distribuibile. 

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