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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Abuso d'ufficio, ma nessuna corruzione: due anni e undici mesi all'oncologo Massimo Federico

Secondo il Tribunale di Modena, il Professore non avrebbe sperimentato alcun farmaco dietro compensi occulti. Ieri la sentenza a dieci anni dai fatti

Nel novembre di dieci anni fa, i sigilli dei Nas di Parma venivano apposti in via cautelare sull’ufficio di ricerca clinica del COM, il Centro Oncologico Modenese diretto dal Prof. Massimo Federico: prendeva forma così l’odissea che si è conclusa nel tardo pomeriggio di ieri con una sentenza arrivata dopo oltre sette ore di camera di consiglio. 

La sentenza

L'oncologo è stato assolto dal reato più grave a lui imputato - quello di corruzione - e dagli altri capi d'accusa minori. E' stato ritenuto invece colpevole di abuso d'ufficio, per il quale è stata a lui comminata una pena di due anni e undici mesi di reclusione; alla quale si aggiungono due anni e otto mesi di interdizione dai pubblici uffici e il pagamento delle spese processuali. Sul maxi-risarcimento richiesto da AUSL, Policlinico e Regione, si deciderà in sede civile.

L'accusa

La più grave accusa pendente sul Professore, che è bene ribadire essere caduta in seguito alla sentenza, era quella di aver condotto sperimentazioni di farmaci sotto ricompensa. La condotta in questione sarebbe consistita nell’aver ricevuto denaro (sottoforma di donazioni a due Onlus e all’Associazione “Angela Serra” per la ricerca sul cancro) per sperimentazioni che erano state autorizzate dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria solo in quanto effettuate a titolo gratuito. Oltre alla corruzione, erano stati a lui imputati i reati di abuso d’ufficio, peculato e interruzione di pubblico servizio; per i quali i PM modenesi chiedevano fosse condannato ad una pena di sei anni e otto mesi di reclusione. L'abuso d'ufficio - del quale invece l'oncologo stato ritenuto colpevole - si sarebbe concretizzato in uso di pubblici locali e documenti (come il Registro Tumori) a fini privatistici.

La difesa

Difeso dall’Avv. Antonio di Pietro, il Professore si era sempre dichiarato innocente. "Il Professor Federico per dieci anni ha dovuto aspettare questo giorno per sentirsi dire quello che si poteva sapere dal primo giorno: che non ha commesso alcuna corruzione" dichiara l'avvocato, e continua "è stato condannato semplicemente perchè con riferimento al Registro Tumori ha preteso che colui che riceveva il Registro Tumori si qualificasse come tale". L'ex PM di Mani Pulite aggiunge, anticipando la futura volontà di ricorso: "Questa, ad oggi, è stata la sua unica responsabilità, che contiamo di eliminare in appello".

VIDEO | Processo a Massimo Federico, i legali commentano la sentenza

Le parti civili

Tre le parti civili costituite di questo processo: la Regione Emilia Romagna, l'AUSL di Modena e il Policlinico di Modena; rappresentate rispettivamente dagli avvocati Rossetti, Mattioli e Muracchini. I rappresentanti di AUSL e Policlinico concordano sul fatto che si tratti di una sentenza equilibrata: "E' stato riconosciuto che il Registro Tumori era dell'azienda e non doveva essere utilizzato per scopi estranei, come invece è successo", afferma l'Avv. Mattioli, dicendosi curioso di leggere le motivazioni, che arriveranno in 90 giorni. L'Avv. Muracchini invece dichiara che l'interesse dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria era che "venisse acclarato che il Professor Federico avesse commesso abusi d'ufficio durante la sua permanenza presso il centro di oncologia", che può dirsi soddisfatto. 

Gli altri imputati

Nonostante sia stato il grande protagonista, sia a livello mediatico che a livello processuale, il Prof. Federico non era l’unico: il Professor Stefano Sacchi, all’epoca capo del dipartimento di Oncologia del Policlinico di Modena per il quale erano stati chiesti tre anni per concorso in peculato e abuso d’ufficio, è stato oggi completamente assolto. Una volta cadute le accuse di corruzione, stesso destino hano avuto i sei manager delle case farmaceutiche (che secondo l'accusa avrebbero elargito i pagamenti): la richiesta di due anni e otto mesi di pena detentiva infatti è stata vanificata dalla proncuncia assolutoria.

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