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Cronaca

"Giorni di dubbio" nuovo romanzo di Guicciardi. Indagini a Serramazzoni per il Commissario Cataldo

Intervista al giallista modenese Luigi Guicciardi e al suo nuovo romanzo "Giorni di Dubbio" della collana del Commissario Cataldo. Questa volta a fare da location alle indagini sarà Serramazzoni, un paese tranquillo scosso da un doppio omicidio

Il giallista e professore di lettere modenese Luigi Guicciardi è tornato con un nuovo romanzo della collana del Commissario Cataldo. Questa volta a fare da location a questa nuova investigazione sarà Serramazzoni, un paese tranquillo che però sarà scosso da un doppio omicidio.

In questo nuovo romanzo che commissario Cataldo ci aspetta?
Sono cambiate moltissime cose. Intanto, alla fine dell'ultima indagine (Paesaggio con figure morte), è stato gravemente ferito e ora, dopo una difficile operazione chirurgica, deve affrontare una lunga licenza di convalescenza, che sceglierà di trascorrere a Serramazzoni sull'Appennino modenese. Poi, sua moglie Alice lo ha lasciato per un avvocato calabrese, ed è andata a vivere da lui in Calabria portando con sé i due4 figli piccoli. Certo, il matrimonio era in crisi da un po' di tempo, ma la separazione improvvisa è stata un trauma aggiunto...

Giorni di dubbio vede in copertina un berretto col fascio littorio. L'argomento Storia non è certo nuovo per lei che la insegna. Che ruolo avrà la Storia in questo romanzo?
Avrà un ruolo molto importante, in quanto la prima vittima sarà proprio una ricercatrice di Storia contemporanea dell'Università di Modena, ospite a Serra di un ricco proprietario con l'incarico di studiare un diario inedito del 1943-44, scritto dal podestà fascista di Serra di cui quest'uomo è l'unico erede. Il diario manoscritto – coi suoi eventuali, scottanti segreti – sarà dunque una possibile chiave d'indagine.

Protagonista del suo nuovo romanzo è Serramazzoni. Perché ha scelto questo paese?
Ho scelto Serra come luogo ideale per la convalescenza di Cataldo, pensando a un paese di villeggiatura per turisti non giovanissimi, un luogo calmo e riposante dove non succede mai niente di delittuoso, e dove quindi l'omicidio non può non creare un forte contrasto con il torpore dei primi capitoli, in cui Cataldo, nella quiete di giorni tutti uguali, appare intento a recuperare lentamente la salute.

Il romanzo inizia con un doppio omicidio. I delitti di romanzo in romanzo stanno diventando sempre più cruenti secondo lei?
Nei romanzi con Cataldo l'assassino ovviamente cambia  di storia in storia, ma mantiene un denominatore comune: chi uccide lo fa sempre per ragioni umanamente fortissime e come tale non è mai giustificato, ma quasi sempre (umanamente, appunto) compreso. In generale, però, posso dire che quando il delitto avviene nelle classi sociali più umili, è più violento, brutale, ma anche più elementare da decodificare, mentre l'omicidio commesso in classi più alte (come la borghesia) ha in sé delle nuances, delle perversioni o delle ambiguità molto più complesse e sottili.

Dopo tanti anni, cosa la spinge a continuare la serie del commissario Cataldo?
Soprattutto la curiosità. Mi stimola il fatto che ogni classe sociale, e più in generale ogni angolo di Modena, può suggerire all'improvviso uno spunto, un flash, una suggestione da “giallo”, in quanto anche (o soprattutto) la normalità può presentare angoli di buio o di ombra, che la pazienza e la curiosità (appunto) del detective e dello scrittore possono impegnarsi a cogliere e a rischiarare. Poi, il personaggio di Cataldo è sempre in evoluzione, di romanzo in romanzo invecchia e si modifica al ritmo di un anno per ogni indagine (come me, e come Modena, del resto) e questo mutamento progressivo continua ad affascinarmi.

Che mutamenti ha visto in questi anni nel giallo e nel noir? 
Distinguerei tra il giallo italiano e quello straniero. Per quanto riguarda il primo, la previsione fatta a suo tempo da un critico – che cioè il giallo si sarebbe rinnovato o tramite una corrosione ironica, dall'interno, delle sue stesse strutture, o tramite il radicamento in piccoli mondi locali, anche minimi – si sta avverando, ma solo per la seconda opzione. Il giallo italiano, infatti, si sta rivelando sempre più come un giallo di provincia, ambientato in realtà geografiche regionali ben delineate e verosimilissime: con l'aggiunta, in qualche caso, di una vena umoristica piuttosto ignota ai gialli di qualche decennio fa. I gialli stranieri, invece, mi sembrano oramai più thriller che mystery, e più noir che thriller, e su tutti prevale il modello Connelly o Nesbo: forte ritmo, dialogato secco, dinamismo delle situazioni e plurimi colpi di scena prima della soluzione finale.

Ultima domanda: ci può dire chi è l'assassino?
No di certo.

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