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Boom di cassa integrazione, a Modena 236% rispetto allo scorso anno

La Cgil mette in luce diverse criticità del mercato del lavoro e attacca il Governo: "Servono politiche industriali"

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L'ultimo rapporto dell'Osservatorio Inps sull'utilizzo degli ammortizzatori sociali in Emilia Romagna ci dice che nel mese di gennaio 2024 sono state utilizzate 1.494.208 ore di ammortizzatori (Cigo, Cigs, Cigd) rispetto a gennaio 2023 che vedeva un utilizzo di cassa integrazione pari a 443.740 ore.

Un milione di ore di cassa in più, trasversali a tutti i settori produttivi. Il 236% in più rispetto all'anno precedente che pesa sulle tasche dei lavoratori e delle loro famiglie, infatti gli ammortizzatori sociali tagliano in media i salari dei lavoratori modenesi del 40%.

"A fine 2023 la Cgil di Modena aveva lanciato un allarme sulla produzione industriale e su un rallentamento nella provincia modenese che stavamo intravedendo per il 2024. Purtroppo i dati ci stanno dando ragione - commenta il sindacato, che poi attacca il Governo - Segno che chi ci governa non è interessato a sviluppare politiche industriali per governare i processi di transizione green o digitali. Con lo slogan 'non disturbare chi vuol fare' l'attuale Governo infatti continua con l'idea sbagliata che bisogna togliere lacci e lacciuoli alle imprese perché il mercato è quello che garantisce il benessere. Ma non è così".

La Cgil dipinge un quadro preoccupante per il lavoro modenese: "Se a tutto questo aggiungiamo la condizione di precarietà presente anche nella nostra provincia, dove sulle nuove attivazioni continuano a prevalere contratti a tempo determinato, in somministrazione e staff leasing e in appalto, la situazione diventa molto preoccupante. Purtroppo, questi lavoratori sono sempre la prima valvola di sfogo in situazioni di crisi, quando non vengono prorogati i contratti a tempo determinato, anche in somministrazione, e le lavoratrici e i lavoratori interessati dallo staff leasing vengono messi a “disposizione” delle agenzie di somministrazione, le lavoratrici e i lavoratori in appalto vedranno internalizzare i servizi che prima venivano da loro offerti in esternalizzazione. Queste lavoratrici e questi lavoratori non possono essere lasciati soli e non possono continuare ad essere il primo “ammortizzatore sociale” che le aziende mettono in campo".

"In aggiunta, è vero che stiamo conoscendo un momento di rallentamento, ma i dati dei bilanci delle imprese ci indicano che negli anni 2020, 2021, 2022 le stesse hanno conosciuto un incremento dei fatturati, un aumento della marginalità e una diminuzione del costo del lavoro in percentuale, segno che 'il convento è povero, ma i frati sono ricchi'", attacca infine il sindacato.

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