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La crisi non risparmia neppure il maiale, settore suinicolo a picco

Crolla il Prosciutto di Parma, con oltre un milione di pezzi in meno dello scorso anno. Va meglio quello di Modena, che cresce dopo annate disastrose. Per gli addetti del settore la crisi rende necessario ristrutturare l'intera filiera

Anche se del maiale non si butta via niente, oggi non basta più. Il comparto suinicolo dell'Emilia-Romagna, un vanto non solo culinario, ma anche economico del territorio, vive oggi una profonda crisi strutturale, dalla quale appare molto difficile rialzarsi. Solo per citare un dato significativo, negli ultimi 10 anni si è passati da 126mila a 22mila scrofe: un dimezzamento che si ripercuote su tutta la filiera, a partire da allevatori a macellatori, ed ora anche i distributori.

L'allarme nel territorio modenese è tanto più grave in quanto mette a rischio diverse Dop, a partire dal Prosciutto di Parma, che nei primi mesi 2013 ha visto un calo di un milione di sigillature, da quasi 9,2 milioni a poco più di 8 milioni (sette anni fa erano 12 milioni). Non va meglio nemmeno alle altre Dop controllate dall'Ipq (Istituto Parma Qualità), come dimostra il -25% del Culatello di Zibello e del Salame di Varzi. In controtendenza il Prosciutto di Modena, il cui +30% è tuttavia conseguenza diretta di annate precedenti piuttosto modeste. 

“Il comparto deve essere resettato e responsabilizzato. Questa situazione di crisi - spiega Guido Zama, presidente dell'organizzazione interprofessionale Gran Suino Italiano - si può superare solo se le parti si incontrano e definiscono una politica di filiera e di settore in grado di recuperare redditività per un settore strategico e competitività sui mercati internazionali. Nell'ambito del sistema nazionale serve rimettere in moto un sistema del suino pesante italiano con determinati requisiti, che da un lato tuteli i consumatori attraverso un disciplinare preciso e dall'altro permetta alle imprese agricole di rimanere sul mercato”. 

Sulle difficoltà del comparto suinicolo e sul rischio di perdere prodotti di eccellenza dell'agroalimentare italiano interviene anche Eugenia Bergamaschi, presidente di Confagricoltura Modena: “La crisi del comparto suinicolo è una questione molto seria, che mette a rischio diverse Dop. I consumi interni sono stagnanti, il comparto deve seguire l'esempio di altri settori e puntare sulle esportazioni. Bisogna inoltre garantire la qualità anche per altri tagli, non solo la coscia, e per tornare ad essere competitivi e dare maggiore tutela al consumatore chiediamo di inserire l'etichettatura delle carni suine, in modo che sia sempre possibile rilevare i suini nati, allevati e macellati in Italia”. (ANSA)

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