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"Troppa acqua, argine troppo vecchio e tane di animali", la Commissione spiega l'alluvione del Panaro

In Commissione Ambiente si è discussa la relazione tecnica sull'esondazione avvenuta nel modenese alla fine dell'anno scorso. Serrato dibattito fra i gruppi assembleari

Un volume di piena con caratteri di assoluta eccezionalità, il maggiore degli ultimi 20 anni, causato dal livello persistente di precipitazioni cadute in due giorni consecutivi, il più alto dal 1942, e dal concomitante scioglimento della neve in Appennino. Fenomeni meteo che hanno incrementato la saturazione del suolo e messo sotto pressione un argine, quello del Panaro, la cui costruzione risale nel tempo. 

È complesso l’insieme delle cause all’origine della breccia del 6 dicembre scorso che si sono verificate in modo localizzato nel tratto di argine del Panaro a Gaggio di Castelfranco Emilia (Mo). 

A tracciare il quadro dell’accaduto, dopo poco più di due mesi di lavoro, è la Commissione scientifica speciale incaricata dalla Regione nello scorso mese di dicembre e composta da un pool qualificato di esperti presieduti dal professor Giovanni Menduni, del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale del Politecnico di Milano. Stamattina, l’approfondimento svolto è stato presentato alla Commissione assembleare Ambiente, a cui ha partecipato l’assessore regionale alla Difesa del suolo, Irene Priolo. Gli esperti hanno evidenziato il ruolo della Cassa di espansione, utilizzata al massimo delle capacità di invaso, escludendo ogni coinvolgimento della sua gestione nel collasso dell’argine, ma anzi mettendo in luce il prezioso contributo per la gestione complessiva dell’evento. 

"Non siamo in presenza di una pistola fumante come origine evidente della rotta, come fu per il Secchia nel 2014, ma di un insieme di concause- sostiene il professor Menduni-. Fondamentali, per comprendere quanto accaduto, si sono rivelate le indagini sul sito della rotta e nelle sue vicinanze: l’argine era di per sé stabile, non in imminente stato di pericolo”. 

“È verosimile- spiega Menduni- che le disomogeneità della sua struttura, insieme ad una cavità, probabilmente una tana di animali relitta all’interno, abbiano permesso all’acqua di penetrare – tecnicamente punzonare l’argine - fino a determinarne il crollo”. 

Si conferma che il dissesto non è avvenuto per ragioni di sormonto o di mancata manutenzione. Gli esperti hanno invece evidenziato più concause a partire dal ruolo del materiale eterogeneo, risalente a fine Ottocento, utilizzato nella costruzione dell’argine, al cui interno si sono rinvenuti mattoni, laterizi e porzioni di conglomerato di calce; individuate anche ceppaie riconducibili ad un infestante particolarmente diffuso in zona, l’Arundo donax (la canna comune), rimaste dentro il corpo arginale in seguito alle attività di taglio e rimozione definitiva svolte tra 2012 e 2014. Nel tempo si sono probabilmente decomposte favorendo il passaggio lento (percolazione) delle acque. A ciò si aggiunge la possibilità di tane occulte di animali fossori, alla luce di alcuni rinvenimenti osservati in prossimità del collasso. 

“Ringrazio gli esperti che nelle settimane passate hanno lavorato intensamente per fare luce sulle cause di quanto accaduto- afferma l’assessore Priolo-, si tratta di una risposta che avevamo promesso alla popolazione e che era doveroso fornire. Ci viene consegnato un bagaglio di conoscenze fondamentali su cui fondare le azioni future di sicurezza del territorio”. 

“Ho già concordato con la Commissione scientifica e le strutture tecniche regionali un incontro fissato per la prossima settimana- prosegue l’assessore- al fine di mettere in campo strategie aggiuntive a quelle finora adottate. Ciò in aggiunta alle opere per il nodo idraulico di Modena già candidate nell’ambito del Recovery Plan e che potranno avere attuazione entro il 2026, se finanziate. Per il completamento del sistema delle Casse di espansione, inoltre, siamo al lavoro per ottenere l’approvazione di una Legge speciale- chiude- perché questo territorio ha bisogno di risorse straordinarie per avere le risposte che da tempo attende”.  

Il dibattito in aula

La relazione di Menduni e le parole di Priolo hanno aperto un dibattito fra le forze politiche, con Silvia Piccinini (Movimento 5 Stelle) che ha sottolineato come "la nostra Regione si muove molto in fretta nel caso di emergenza come il terremoto, invece c'è molto da fare sul tema della prevenzione". La pentastellata ha anche ribadito la necessità che tutte le casse di espansione vengano collaudate: "E' da più di 40 anni che lo aspettiamo, non può essere che ogni volta ci dicono che servirebbero piogge controllate e condizioni speciali. E' arrivato il momento di fare in modo che si possano usare anche le casse di espansione secondaria".

Duro Emiliano Occhi (Lega) che ha invitato a potenziare la manutenzione delle opere idrauliche e a una più forte cura del territorio montano, in modo da far sì che il territorio trattenga sempre più acqua piovana evitando che a valle ne arrivi troppa in poco tempo.

Sulla stessa linea Simone Pelloni (Lega) che ha sottolineato l'importanza di investire in prevenzione e cura del territorio, chiedendo un report sugli interventi fatti, sulle risorse stanziate e di queste quante già utilizzate. "Non basta dire che in Emilia-Romagna abbiamo speso tanti soldi, serve -spiega l'esponente del Carroccio- un report delle risorse investite per un monitoraggio puntuale, con noi consiglieri regionali che siamo messi in grado di svolgere il nostro ruolo di controllo".

Dal canto suo Luca Sabattini (Pd) ha apprezzato la relazione tecnica definendola puntuale e molto interessante e ha sottolineato come "quello del Panaro è stato il primo caso di gestione di una calamità naturale all'interno di una pandemia". Nel merito Sabattini ha tirato una riga su tutte le ipotesi di polemiche: "Se ho ben capito la relazione dice che la cassa di espansione, anche se non aveva ancora un formale collaudo, ha fatto il proprio dovere. L'argine? Da quanto capisco il suo problema non è stata una scarsa manutenzione, ma il fatto che si trattava di "un'opera costruita da molto tempo". Quello che vorrei sapere è cosa si fa per ammodernare questi tipi di argini".

Per Valentina Castaldini (FI) è importante intervenire a sostegno dei cittadini che hanno subito danni dall'alluvione: "La Regione aveva promesso risorse e indennizzi, ma per quanto ne so io nessuno ha ancora ricevuto alcunché", taglia corto la forzista ribadendo il consiglio di utilizzare il personale impiegato in occasione dei terremoti ("Lo ha detto anche il Governo Draghi") per affrontare il problema. A Castaldini ha replicato l'assessore Priolo, ricordando come la mappatura dei danni sia stata fatta in tempi rapidi, mentre in merito all'uso della struttura per il terremoto ha ribadito che la Regione è pronta a usarla a patto che il Governo metta per iscritto che ciò è possibile a norma di legge, perché in caso contrario ci sarebbe il rischio di incorrere in controlli e sanzioni da parte della Corte dei Conti.

Nel corso dell’audizione è intervenuto anche Stefano Orlandini, docente all’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, che ha relazionato sul modello per la descrizione puntuale e tempestiva dell’evoluzione spazio-temporale delle onde di esondazione, un “modello” utile alla prevenzione e alla gestione delle emergenze idriche, col quale Orlandini ha “ricostruito” anche “l’onda di esondazione” del Panaro dello scorso dicembre. “E’ utile avere questa simulazione perché -spiega il docente- così si possono gestire le emergenze al meglio: gli addetti della Protezione civile devono sapere cosa si attende nel territorio quando si deve affrontare un’emergenza del genere, devono sapere queste cose per decidere quali mezzi usare e come garantire la propria incolumità”.

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