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"Emilia-Romagna madre adottiva delle mafie", l'analisi della Procura generale

La procuratrice generale reggente di Bologna Lucia Musti: "Le sentenze ci dicono che qui la mafia è stata felicemente adottata"

Anche se l'Emilia-Romagna "non è madre naturale di alcuna mafia, le risultanze processuali consentono di ritenere che sia madre adottiva delle mafie", in particolare della 'ndrangheta, il cui insediamento in regione "è stato comprovato da numerose sentenze passate in giudicato" e che, assieme alle altre mafie che "lavorano in Emilia-Romagna, è stata purtroppo felicemente adottata" dalla regione.

Questa l'impietosa analisi sul tema svolta dalla procuratrice generale reggente di Bologna Lucia Musti nella sua relazione in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario. A riprova delle sue affermazioni, Musti cita alcuni dei processi in materia che hanno interessato l'Emilia-Romagna, a cominciare da Aemilia e Grimilde. Processi che hanno portato a "nove sentenze passate in giudicato che hanno attestato, con la condanna per associazione a delinquere di stampo mafioso, il radicamento nella nostra regione della 'ndrangheta".

E questo numero è destinato ad aumentare, visto che sono ancora in corso processi come Perseverance (che per Musti rappresenta "la prova provata della capacità del sodalizio 'ndranghetistico emiliano di riorganizzarsi dopo gli arresti e le condanne degli anni precedenti", con "alcuni colletti bianchi di origine emiliana individuati come pienamente inseriti nel contesto mafioso") ed Aemilia Bis.

Da qui l'invito della procuratrice generale a "lavorare tutti insieme affinché l'Emilia-Romagna esca dalla 'sindrome di Grimilde'", descritta dall'ex procuratore nazionale antimafia Franco Roberti come "il non guardarsi allo specchio per non affrontare la realtà", intesa come "la presenza mafiosa in ogni spazio della società civile".

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