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Il rispetto del lockdown ha interrotto subito la catena del contagio. Lo studio Unimore sui cellulari

Uno studio fortemente innovativo, promosso dagli igienisti di Unimore, che ha messo in evidenza quanto gli italiani delle regioni del Nord hanno effettivamente aderito al lockdown e con quale rapidità ed efficacia tale blocco abbia permesso di controllare l’epidemia

Lo studio, promosso e coordinato dagli igienisti prof. Marco Vinceti e dott. Tommaso Filippini e che vede coinvolti i ricercatori della Scuola di Sanità Pubblica dell’Università di Boston (l’epidemiologo prof. Kenneth Rothman), del Dipartimento di Sanità Pubblica Globale dell’Università Karolinska di Stoccolma (lo statistico prof. Nicola Orsini) e dell’Azienda di modellizzazione ambientale di Milano TerrAria (dott. Giuseppe Maffeis, ing. Fabrizio Ferrari e ing. Alessia Goffi), rappresenta il primo mai effettuato sull’effettiva adesione al lockdown da parte della popolazione in un paese occidentale ed il primo in assoluto in letteratura a stimare l’effettiva efficacia del lockdown nell’accorciare il picco epidemico e nell’interrompere la catena di contagio, nonché i fattori che ne hanno amplificato l’efficacia.

I risultati ottenuti sono chiari e lasciano pochi dubbi: le restrizioni alla mobilità sono state particolarmente efficaci nel determinare la rapida riduzione dell’infezione, con un tempo di azione rapidissimo specie in presenza di una elevata diffusione iniziale dell’epidemia. Tali osservazioni possono rivelarsi di notevole utilità per eventuali future analoghe emergenze.

Volevamo come igienisti Unimore – spiega il prof. Marco Vinceti docente di Igiene e Sanità Pubblica presso la Facoltà di Medicina di Unimore e promotore del progetto - portare un nostro contributo di ricerca su questa drammatica emergenza sanitaria in tempi molto rapidi, sfruttando altresì una rete già esistente di collaborazione interdisciplinare con ricercatori italiani e stranieri, cui va la mia gratitudine per la grande disponibilità dimostrata, tra l’altro a titolo gratuito e in tempi ridottissimi. L’azienda milanese di gestione e modellizzazione dei dati ambientali TerrAria ci ha, infatti, consentito di ottenere ed elaborare i dati nazionali della telefonia cellulare, resi eccezionalmente disponibili per l’emergenza COVID-19 dalla società Teralytics; il prof. Kenneth Rothman, famoso epidemiologo di Boston, ci è stato di grande aiuto nel migliorare la qualità metodologica dell’indagine; il prof. Nicola Orsini del Karolinska Institutet ha infine messo la sua grande competenza statistica al servizio di soluzioni innovative per l’analisi dei dati. Sotto certi aspetti siamo rimasti stupiti dai risultati: abbiamo potuto osservare una fortissima e progressivamente crescente adesione della popolazione alle restrizioni della mobilità, con ogni probabilità dovuta non solo agli obblighi normativi, ma anche alla reale consapevolezza del rischio sanitario. Abbiamo inoltre verificato come l’efficacia del lockdown sia stata immediata, di fatto istantanea, nelle aree più colpite dall’epidemia e dove la popolazione ha rispettato in misura maggiore il messaggio ‘state a casa’ diffuso dalle autorità sanitarie e politico-amministrative. Stiamo invece ancora cercando di capire quali fattori, al di là da una eventuale minor adesione alle restrizioni della mobilità, abbiano allungato, in alcune province, la rapidità di contenimento dell’epidemia. L’individuazione, ed il controllo di tali fattori potrebbero essere preziosi nel caso ci trovassimo purtroppo di fronte ad un ritorno di questa o altre epidemie così devastanti.”

Il lavoro per realizzare lo studio è stato frenetico e rapidissimo, con scambi di mail ad ogni ora del giorno - afferma il dott. Tommaso Filippini, ricercatore del Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze e copromotore del progetto - ma ci sembrava fondamentale cercare di verificare la reale efficacia delle limitazioni imposte per dimostrare che il sacrificio della popolazione non era vano, ma un atto doveroso, soprattutto per la salvaguardia delle categorie di persone più fragili. Si tratta di una fondamentale conferma delle scelte di sanità pubblica adottate: in un mondo abituato a non risentire di alcuna restrizione nella libertà di movimento, tale limitazione della possibilità di spostarsi ha avuto, ovviamente, come naturale conseguenza quella di ridurre al minimo indispensabile la possibilità di incontrare altre persone, facilitando in questo modo il grande lavoro di tracciamento dei contatti operato dalla sanità pubblica. La ricerca condotta sarà importante anche in caso di nuove ‘ondate’ di questa o di altre epidemie, affinché eventuali nuove restrizioni non siano sentite solo come una limitazione della propria libertà, ma come l’aiuto concreto che ognuno può dare.

“Questo studio è estremamente rilevante per tutti noi - commenta il Rettore prof. Carlo Adolfo Porro - in quanto dimostra, con l’autorevolezza di un rigoroso approccio metodologico, che le restrizioni affrontate nei mesi passati sono state efficaci per contenere l’epidemia COVID-19. Mi piace sottolineare l’intuizione dei nostri ricercatori di utilizzare dati a disposizione su vasta scala, l’approccio multidisciplinare e la loro capacità di organizzare rapidamente e coordinare un team di assoluto prestigio a livello internazionale. Mi congratulo e sono lieto che, anche sotto questo profilo, il nostro Ateneo confermi il proprio ruolo di punta nella ricerca contro la pandemia”.

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