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Come le polveri sottili contribuiscono al riscaldamento, la ricerca Unimore su Modena

Le emissioni urbane locali di PM da combustibili fossili e legna hanno un impatto significativo sull’assorbimento della radiazione solare, non solo sulla qualità dell’aria. È quanto emerge da uno studio internazionale guidato dal prof. Alessandro Bigi del Dipartimento di Ingegneria Enzo Ferrari di Unimore

Il particolato atmosferico da traffico veicolare e combustione di legna in zona urbana influenza significativamente il clima locale. È il principale risultato di uno studio internazionale in gran parte finanziato da Unimore e guidato da Alessandro Bigi del Dipartimento di Ingegneria Enzo Ferrari di Unimore a cui la prestigiosa rivista "Atmopsheric Chemistry and Physics" della European Geosciences Union ha recentemente dedicato un articolo.

I ricercatori di Unimore, in collaborazione con National Oceanic and Atmospheric Administration (USA), MeteoSwiss (Svizzera) ed altri istituti di eccellenza quali l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, e le Università degli Studi di Milano, Milano-Bicocca e Genova (Italia), hanno raccolto dati di assorbimento della radiazione solare da parte del particolato atmosferico a Modena in inverno, sia vicino al suolo che su tutta la colonna d’aria sovrastante la città. Un tema sul quale si lavora da anni.

I risultati dello studio, finanziato con i Fondi di Ateneo per la Ricerca ed il sostegno della Fondazione di Modena, mostrano che le emissioni urbane locali di PM da combustibili fossili e legna hanno un impatto significativo sull’assorbimento della radiazione solare, non solo sulla qualità dell’aria. A questo duplice impatto su clima e qualità dell’aria, dovuto alle sorgenti locali, si aggiunge episodicamente un contributo significativo da parte di sorgenti remote, come le zone desertiche. Infatti la sabbia, occasionalmente risospesa fino ad alta quota in queste aree, una volta trasportata sopra la pianura Padana contribuisce all’effetto sul clima del particolato localmente emesso, perché anch’esso è in grado di assorbire radiazione, e sulla qualità dell’aria, aumentando i livelli di PM.

Gli autori confermano la nota specificità dell’atmosfera in pianura Padana dove, a causa della scarsa dispersione in inverno, l’impatto delle sorgenti vicine o remote si evidenzia anche nella peculiare stratificazione verticale del particolato emesso da queste sorgenti, complice la diversa dimensione delle particelle.

In questi giorni di COP28 siamo felici di contribuire al dibattito con uno studio sul ruolo delle emissioni delle città sul riscaldamento globale, perché le aree urbane rappresentano un nodo cruciale nella sfida sui cambiamenti climatici  commenta il prof. Alessandro Bigi di Unimore -. Un controllo più stretto delle emissioni di particolato può aiutarci a guadagnare tempo, perché, se da un lato è vero che il contributo diretto del PM al riscaldamento globale è minore rispetto alla CO2, dall’altro avendo esso un tempo più breve di vita in atmosfera (dell’ordine di 1 settimana invece dei circa 100 anni della CO2), da una riduzione delle emissioni di PM da combustione si potrebbe trarre un beneficio immediato”.

L’articolo pubblicato è il primo di due capitoli sulle condizioni attuali del particolato atmosferico a Modena ed in pianura Padana; questo riguarda soprattutto il clima - aggiunge il prof. Alessandro Bigi di Unimore - mentre il secondo, a cui stiamo lavorando adesso, è sull’impatto delle sorgenti alla qualità dell’aria”.

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