Vittorio Zucconi a Modena per presentare il suo ultimo libro
Venerdì 8 giugno ore 21.00, il giornalista Vittorio Zucconi presenta “Il lato fresco del cuscino” al Teatro del Collegio San Carlo di Modena. A dialogare con l’autore è Beppe Cottafavi.
Vittorio Zucconi è giornalista e scrittore, condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove conduce TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a “la Notte” di Milano, ha lavorato per “La Stampa” e il “Corriere della Sera” come corrispondente, tra gli altri, in Giappone, Belgio, Russia, Francia e Stati Uniti. Dal 1985 si è trasferito a Washington. Ha pubblicato vari libri, tra i quali: Il Giappone tra noi (Garzanti, 1986), Si fa presto a dire America (Mondadori, 1988), Parola di giornalista (Rizzoli, 1990), Gli spiriti non dimenticano (1996), George (2004), e Il caratteraccio (Mondadori, 2010).
Le nostre vite sono segnate da oggetti che rimangono impressi nella memoria, come a scandirla con visioni e suoni che sembrano rimasti lì, a fissarci per sempre. Vittorio Zucconi affronta senza paura questo viaggio nel ricordo e ricuce i momenti di una vita popolata da personaggi straordinari. Così gli oggetti si animano e animano la scrittura: ci sono il ticchettio della Lettera 22 paterna a cadenzare le insonnie infantili e il videoregistratore Betamax, frutto dimenticato di anonimi ingegneri della Sony, per sfuggire alla noia asfissiante dei plumbei inverni sovietici. Ci sono i dibattiti metafisici sulla piadina perfetta di Milano Marittima e l’aereo scalcagnato della campagna presidenziale di Bush, che sembrava a ogni momento sul punto di schiantarsi ma dava in cambio la sensazione di offrire un posto di prima fila nello spettacolo della democrazia. E poi c’è l’ossessione ricorrente, la ricerca “illusoria e passeggera” per eccellenza, quella del lato fresco del cuscino. Che sia un ricordo di bambino – le vacanze in Romagna, l’afa dell’Adriatico e i letti intrisi di sudore – o l’alba della liberazione di Kuwait City, mentre in un albergo rovente di Dammam si cercava solo di dormire e non pensare alla “madre di tutte le guerre”. Un viaggio nella memoria, una ricerca archeologica che diventa il romanzo di una vita, con quel poco di nostalgia in cui tutti ci possiamo riconoscere, ma che qui è ammaestrata dall’ironia del giornalista di razza.