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Ricerca, individuato il meccanismo della morte per covid: "Dimezzeremo i morti"

Un importante studio di Bologna e Modena, insieme ad altre università ed ospedali, ha permesso di fare luce sul riconoscimento rapido del fenotipo col "doppio danno" nelel polmoniti da coronavirus

Individuato il meccanismo responsabile della morte dei pazienti con Covid-19 ricoverati in terapia intensiva. E' il risultato di uno studio italiano guidato dal policlinico Sant'Orsola-Malpighi di Bologna. "Due semplici esami identificano questa condizione la cui diagnosi precoce, assieme al supporto del massimo delle cure possibili in terapia intensiva, può portare un calo della mortalità fino al 50%", spiega il Sant'Orsola insieme all'Università di Bologna e a quella di Modena e Reggio Emilia. Lo studio è stato pubblicato su "Lancet Respiratory Medicine" il 27 agosto. 

La ricerca "dimostra che il virus- sintetizzano Sant'Orsola e Alma Mater in una nota- puo' danneggiare entrambe le componenti del polmone: gli alveoli (le unità del polmone che prendono l'ossigeno e cedono l'anidride carbonica) e i capillari (i vasi sanguigni dove avviene lo scambio tra anidride carbonica e ossigeno)". Quando il virus danneggia sia gli alveoli che i capillari polmonari, "muore quasi il 60% dei pazienti", continua la nota, mentre "quando il virus danneggia o gli alveoli o i capillari a morire è poco più del 20% dei pazienti". Il "fenotipo" dei pazienti in cui il virus danneggia sia gli alveoli che i capillari (pazienti col "doppio danno"), riferiscono ancora Sant'Orsola e Alma Mater, "è facilmente identificabile" attraverso la misura di un parametro di funzionalità polmonare (la distendibilità del polmone inferiore a 40; valore normale 100) e di un parametro ematochimico (il D-dimero superiore a 1800; valore normale 10). "Questi risultati hanno importanti implicazioni sia per le cure attualmente disponibili che per i futuri studi su nuovi interventi terapeutici per i pazienti con Covid-19", sottolineano l'azienda ospedaliero-universitaria e l'Ateneo.

Il riconoscimento rapido del fenotipo col "doppio danno", infatti, consentirà una "precisione diagnostica molto più elevata e un utilizzo delle terapie ancora piu' efficace- scrivono Sant'Orsola e Università- riservando a questi malati le misure terapeutiche piu' 'aggressivè quali la ventilazione meccanica, la extra-corporeal membrane oxygenation (l'Ecmo) e gli ambienti terapeutici a maggiore intensità di cure quali le terapie intensive) trattando invece con la ventilazione non invasiva col casco e il ricovero in terapia sub-intensiva i pazienti con 'danno singolo'". In futuro, questi risultati "consentiranno di identificare rapidamente i pazienti in cui testare trattamenti sperimentali con anti-coagulanti per prevenire il danno ai capillari polmonari", continua la nota.

Lo studio è stato condotto su 301 pazienti ricoverati al Sant'Orsola, al policlinico di Modena, all'ospedale Maggiore, al Niguarda e all'istituto clinico Humanitas di Milano, all'ospedale San Gerardo di Monza e al policlinico Gemelli di Roma. La ricerca è stata coordinata da Marco Ranieri, direttore dell'Anestesia e Terapia intensiva polivalente del Sant'Orsola, con il coinvolgimento di Franco Locatelli dell'ospedale Bambino Gesu', presidente del Consiglio superiore di sanità e membro del Comitato tecnico scientifico. "Ampia la collaborazione tra diverse discipline (anestesia e rianimazione, pneumologia, radiologia, onco-ematologia, statistica medica)- sottolineano Sant'Orsola e Ateneo- e diverse Università italiane (Università di Bologna, Università di Modena e Reggio Emilia, Università di Milano, Università di Milano-Bicocca, Università di Torino, Università Humanitas, Università Cattolica del Sacro Cuore) ed estere (Universitè Libre de Bruxelles, University of Ireland Galway e University of Toronto)"

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