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Al lavoro nelle tende, emozioni e memorie dei professionisti sanitari a dieci anni dal sisma

Da un lato la paura, comprensibilmente umana e istintiva, dall’altro lo straordinario lavoro fatto di decisioni rapide e resilienza per mettere in sicurezza la popolazione e continuare a garantire l’assistenza, soprattutto ai più fragili

Potrei fare il mio mestiere ovunque ma questa è la mia terra. Nel bene e nel male”. A distanza di 10 anni dal sisma che ha colpito l’Emilia-Romagna e in modo particolare l’Area Nord della provincia di Modena, è ancora vivo il ricordo nei professionisti sanitari che, a vari livelli, hanno lavorato senza sosta e in condizioni precarie, terremotati tra i terremotati, per garantire la sicurezza dei pazienti negli ospedali e l’assistenza a tutta la popolazione.

I timori, l’ansia, il lutto per chi non ce l’ha fatta, ma anche la straordinaria solidarietà e il gioco di squadra che la comunità ha messo in campo tra enti locali, servizio sanitario, forze dell’ordine e volontariato: sentimenti ed emozioni contrastanti che erano “negli occhi di tutti” e che ancora oggi rivivono ogni volta che la mente ritorna al 2012. Anche per ricongiungere, in una linea ideale, l’impegno costante dei sanitari in dieci anni talmente impegnativi da raccogliere oltre al sisma la difficile esperienza della pandemia, l’Azienda USL di Modena ha prodotto un breve documentario con le testimonianze di tre tra i tanti e diversi protagonisti di allora, che sarà lanciato venerdì 20 maggio, nel giorno della visita del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Un video, intitolato appunto “Negli occhi di tutti”, che racconta quei giorni a partire dall’esperienza di chi, a diversi livelli della sanità – il territorio, le strutture per anziani, i medici di famiglia, l’ospedale – si è trovato a vivere quel momento storico rimboccandosi le maniche e, di fatto, facendo quello che sapeva fare.

La sanità alla prova del sisma

Molto di ciò che è accaduto è noto e riportato dalle cronache e dai comunicati stampa del 2012, dagli incontri della Conferenza territoriale sociale e sanitaria che monitorava passo passo l’evoluzione. Nei pochi minuti successivi alla prima scossa delle ore 04.03 del 20 maggio, il tempo di rendersi conto della gravità di ciò che era accaduto, si è messa in moto anche la macchina sanitaria che ha consentito di organizzare l’attività e mettere in pratica le prime, decisive azioni a salvaguardia della sicurezza dei cittadini. Non solo chi era in turno quella notte, ma tutti i professionisti, medici, infermieri, OSS, autisti soccorritori e tecnici si sono adoperati da subito per dare una mano a evacuare e cercare di assistere e tranquillizzare i pazienti, in un clima surreale, di paura diffusa e in attesa di valutare l’entità dei danni procurati alle strutture sanitarie.

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Dalla mattina del 20 maggio si è attivata una unità di crisi per la gestione e l’organizzazione dei servizi sanitari in stretta collaborazione con la Protezione Civile e gli Enti locali. Da quel primo giorno lì agli otto successivi, mentre le scosse continuavano, l’attività degli ospedali dell’area nord della provincia è stata stravolta: gli ospedali di Mirandola e Finale Emilia sono stati evacuati immediatamente dopo la prima scossa a causa dei danni subiti. Si è cominciato a trasferire i pazienti più gravi negli altri ospedali della rete e dimettere quelli con le condizioni cliniche più favorevoli, predisporre l’attivazione di Punti medici avanzati, oltre che garantire la continuità terapeutica dei pazienti cronici e fragili l’assistenza a domicilio e nei 47 punti di accoglienza allestiti dalla Protezione Civile. Anche il servizio Veterinario dell’Ausl ha collaborato, fornendo supporto fattivo ai numerosi allevatori della zona per la messa in sicurezza degli animali. Poi arriva il 29 maggio, un’altra data impressa nella memoria di tutti i modenesi: un’altra scossa, la sensazione spaventosa di dover ricominciare tutto daccapo. È la volta dell’Ospedale di Carpi che viene evacuato. Ancora, con grande spirito di dedizione, gli operatori sanitari si sono rimboccati le maniche, rimanendo concentrati nel fornire la massima assistenza possibile alla cittadinanza.

L'imperativo di svuotare gli ospedali

A seguito delle due scosse principali di terremoto è stato necessario trasferire dagli ospedali circa 700 persone. La rete ospedaliera pubblica provinciale, inoltre, è passata da 2.450 posti letto attivi a circa 1.800. Le aziende sanitarie locali hanno rivisto le dotazioni e le priorità di ricovero, disponendo sospensioni dell’attività programmata e monitorando giorno per giorno la disponibilità residua di posti letto, operazioni poi messe in pratica anche in occasione della pandemia. Sono stati inoltre trasferiti oltre 1700 anziani non autosufficienti e disabili che erano ospitati nelle strutture protette danneggiate o si trovavano in residenze o abitazioni che dopo il sisma sono state giudicate non sicure.

Da un punto di vista operativo la centrale del 118 ha coordinato tutti i trasferimenti mettendo in campo complessivamente oltre 20 mezzi (ambulanze e automediche) tra propri e del volontariato. Sono stati attivati due Punti Medici Avanzati (PMA) a Finale Emilia e Mirandola, oltre a due Punti di Accoglienza Medica (PAM) a San Felice e Massa Finalese. Analogamente, il 29 maggio è stato attivato, in prossimità dell’Ospedale Ramazzini di Carpi, un altro PMA.

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Sugli allora 6.100 dipendenti dell’Azienda Usl di Modena, a giugno 2012 operavano fuori dalle loro sedi circa 1.450 persone (il 24%), di cui 1.150 ospedalieri e 300 territoriali. A questi professionisti vanno aggiunti molti medici di medicina generale e pediatri: nel distretto di Mirandola su 98 presidi 73 sono stati dichiarati inagibili mentre nel distretto di Carpi su 99 ambulatori presenti 23, al 4 giugno, risultavano ancora non agibili. Ciononostante in sinergia con l’Ausl si sono riorganizzati in spazi di emergenza. Per facilitare l’accesso è stata istituita una lista, continuamente aggiornata e distribuita nei campi di accoglienza dei vari comuni, di tutti gli studi e gli ambulatori agibili e attivi.

L’Ospedale di Mirandola

Sono stati 100 i pazienti ricoverati presso l’Ospedale Santa Maria Bianca trasferiti o dimessi quando ciò era possibile dopo la prima scossa del 20 maggio. Da subito si è operato per ripristinare una serie di servizi essenziali per la gestione delle emergenze con un PMA fino a quando, a luglio, è stato possibile riportare in una parte della struttura i servizi emergenziali.

Finale Emilia

Dopo le scosse le verifiche strutturali hanno rilevato danni severi nelle parti più antiche della struttura. Nella parte più recente è stato dunque possibile riattivare, alla fine del 2012, alcuni servizi fondamentali che sono diventati il nucleo della futura Casa della salute: Punto di primo intervento, Radiologia, CUP, Centro prelievi e Ambulatorio infermieristico, di seguito la progressiva riattivazione dei vari servizi.

L’Ospedale di Carpi

Evacuato dopo la seconda scossa del 29 maggio, è stato allestito nei pressi un PMA che ha garantito continuità nell’assistenza sanitaria a tutta la zona. La prima area a ripartire è stata quella del Pronto soccorso. Sono tornati nelle loro sedi la Dialisi e la Radiologia, la diagnostica ecografica e gli ambulatori di ostetricia oltre a quelli della pediatria. Da lì la progressiva riapertura che si è susseguita fino all’anno successivo.

Attività territoriali

Sul Distretto di Mirandola i medici di famiglia e i pediatri con ambulatorio inagibile erano molti. Dopo aver lavorato in postazioni temporanee presso i campi o i PMA, in luglio sono entrati nei container 45 medici su 76. Il servizio infermieristico domiciliare non ha mai cessato le proprie attività, anche nei campi. Si è proseguito il processo di riorganizzazione dei servizi territoriali fino alla realizzazione del PUASS, punto unico di accesso socio-sanitario, attivo ancora oggi. Sono state evacuate 827 persone (anziani e disabili) provenienti dal proprio domicilio e 303 ospiti presenti nelle 5 strutture residenziali. Molte attività territoriali come prelievi, visite dei pazienti si sono svolte per mesi in container.

Sul distretto di Carpi prima del sisma, nelle 6 case protette, erano ospitate 339 persone ma l’unica struttura evacuata è stata nel comune di Novi con 43 ospiti stati accolti da altre strutture. Le persone fragili che hanno abbandonato il domicilio (o la struttura) sono state 1.474. Riguardo ai disabili, le strutture residenziali non hanno mai cessato di funzionare.

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